Aborto, esiste un’altra realtà
Nel 1987 Giovanni Paolo II ne condannava la legalizzazione: «L’Europa è diventata grande perché ha riconosciuto il valore della vita umana e ha difeso ogni vita umana, anche quella più fragile»
«Come è possibile parlare ancora di dignità di ogni persona umana, quando si permette che si uccida la più debole e la più innocente? In nome di quale giustizia si opera fra le persone la più ingiusta delle discriminazioni dichiarandone alcune degne di essere difese, mentre ad altre questa dignità è negata? Quale ragione è qui messa in atto, se anche per motivi utilitaristici o edonistici si permette l’eliminazione di un innocente?». È il 18 dicembre 1987, papa Giovanni Paolo II interviene in Vaticano al convegno “Il diritto alla vita e l’Europa”. Il suo breve discorso appare oggi sorprendentemente attuale, mentre il dibattito italiano è iperstimolato dai media e dai social con la notizia che in Ungheria, alle donne che faranno richiesta di aborto, sarà fatto ascoltare il battito del cuore del loro bambino. La decisione del governo ungherese è stata prontamente gettata in pasto ai social, bollandola come (l’ennesimo) segnale di ritorno del fascismo.
In questa (sicuramente genuina e non coordinata) campagna di comunicazione mainstream, accanto agli editoriali dei grandi giornali sono scesi in campo influencer e vip di varia statura: utilizzando pochi hashtag e tanti slogan, sono riusciti nel giro di poche ore a scatenare una tempesta d’odio social contro l’Ungheria e contro chiunque provasse a spiegare le ragioni della legge. Il 16 settembre scorso, il Parlamento europeo ha approvato un rapporto di condanna nei confronti del Paese guidato da Viktor Orban, spiegando che: «L'Ungheria non è una democrazia», come ha dichiarato la relatrice del rapporto, Gwendoline Delbos-Corfield (Verdi/ALE).
Ad oggi, questi sono i binari della narrazione dominante, binari che potrebbero essere sintetizzati così: “L’Ungheria è in mano ai fascisti, in Italia ci sono alcuni amici dei fascisti ungheresi, se il 25 settembre vincono loro anche l’Italia diventerà come l’Ungheria”. Se non è ben chiara la correlazione fra fascismo e battito del cuore del bambino, è completamente fumosa la presunta strategia che alcuni candidati alle elezioni politiche italiane avrebbero in serbo per vietare l’aborto.
Da settimane vengono lanciate accuse di possibile cancellazione di non meglio precisati “diritti civili” (ormai termine calderone dal quale estrarre qualsiasi cosa) in caso di vittoria del centrodestra, eppure la visione di una società che metta al centro l’inviolabilità della vita umana non si trova nei programmi e neppure nei discorsi dei leader del centrodestra. Oltre gli slogan, rossi o neri che siano e pronunciati con sincronia perfetta, non c’è molto di più.
Comunque, al di là della narrazione di uno scontro politico forse più apparente che reale, esiste un’altra realtà quando si parla di aborto? Sì, esiste, affonda le sue radici nel riconoscimento dell’inviolabilità della vita umana e allarga i suoi rami nei testi della dottrina cristiana. Per riscoprirla, occorre fare un salto indietro di trentacinque anni. Nel 1987 Giovanni Paolo II metteva nero su bianco le sue preoccupazioni per gli attacchi alla sacralità della vita umana, ribadendo ancora una volta che qualsiasi diritto civile è fragile preda dell’ideologia dominante se alla base di tutto non vi è la difesa della vita. Vita da difendere sempre, in modo particolare quando è più fragile. Così Giovanni Paolo II:
«Il rispetto incondizionato del diritto alla vita della persona umana già concepita e non ancora nata è uno dei pilastri su cui si regge ogni società civile. Quando uno Stato mette a disposizione le sue istituzioni, perché qualcuno possa tradurre in atto la volontà di sopprimere il concepito, rinuncia a uno dei suoi doveri primari, e alla sua stessa dignità di Stato. San Tommaso d’Aquino, uno dei più grandi maestri della coscienza europea, insegna che la legge civile “ha forza di legge nella misura della sua giustizia” (S. Thomae, Summa theologiae, I-II, q. 95, a. 2). Questa giustizia - come spiega subito l’Angelico Dottore - si fonda sulla stessa legge naturale, così che una legge non conforme ad essa, egli conclude, “non è una legge, ma la corruzione della legge” (Ivi). Non è necessario rifarsi alla luce della fede cristiana per capire queste verità di fondo. Quando la Chiesa le richiama, non vuole introdurre uno Stato cristiano: essa vuole semplicemente promuovere uno Stato umano. Uno Stato che riconosca come suo primario dovere la difesa dei diritti fondamentali della persona umana, specialmente di quella più debole. E chi è più debole della persona concepita e non ancora nata?».
C’è un passo in più da fare, dice Giovanni Paolo II, per riconoscere che l’inviolabilità della vita umana è patrimonio profondamente umano. È umano custodire l’umano. La sacralità della vita non nasce con il Catechismo della Chiesa cattolica, la sacralità della vita è l’elemento fondante della legge naturale. Ancora il Papa oggi santo:
«È facile notare la stridente contraddizione che v’è fra la legalizzazione dell’aborto, ormai in atto, purtroppo, in quasi tutta l’Europa, e ciò che costituisce la grandezza della cultura europea. Questa, che ha le sue fonti maggiori nell’eredità greca e latina, ha trovato nel cristianesimo l’illuminante apporto che le ha consentito di spingersi verso traguardi di superiore grandezza. Col cristianesimo l’Europa ha scoperto la dignità di ogni singola persona umana come tale: una scoperta che ha fatto della cultura europea una cultura eminentemente umanistica. Radicata nella latinità, essa è stata la scuola del diritto, inteso come razionale organizzazione del vivere sociale sul fondamento della giustizia. Erede della cultura greca, la cultura europea ha visto nel retto uso della ragione - concepita come facoltà di cogliere la realtà non lasciandosi dominare dai propri interessi particolari - uno dei segni più chiari della grandezza dell’uomo».
L’aborto dunque, dice Giovanni Paolo II, non è un diritto conquistato, estratto dalle paludi dell’oscurantismo:
«In questo incomparabile patrimonio culturale la legalizzazione dell’aborto si è inserita come elemento estraneo, recante in sé il germe della corruzione. In verità, su questo punto l’Europa sta giocando il suo destino futuro, poiché sta dando segni di decadenza morale e anche di impoverimento demografico, e sta rischiando così di dilapidare un patrimonio culturale trasmessole da insigni pensatori, grandi giuristi e mirabili santi».
Il discorso del 18 dicembre 1987 anticipa l’enciclica “Evangelium Vitae”, che sarebbe stata pubblicata nel 1995, diventando il manifesto definitivo dell’impegno in favore della vita di Giovanni Paolo II. (Riproduzione riservata)
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Perchè non divulgare questa Enciclica, so che il Santo Padre parlava alle platee di giovani e molti di questi si son convertiti. Questi discorsi devono girare anche oggi, esser proclamati nelle parrocchie, nelle scuole, in ogni ambito. Devono fare cultura. Facciamo controcultura, la vita che vince la morte.