Alta Fixler: il principe Carlo esca dall’ombra
Dopo Charlie Gard e Alfie Evans, in Inghilterra torna il favor mortis: il “best interest” dei pazienti fragili è essere lasciati senza acqua né cibo
Alta Fixler è una bambina ebrea di due anni, ricoverata all’ospedale Royal Children di Manchester per un grave danno neurologico alla nascita. L’ospedale ha fatto richiesta di sospendere i trattamenti che aiutano la bambina a respirare, nutrirsi e idratarsi in nome del suo «best interest», l’Alta Corte ha dato parere favorevole.
I genitori si oppongono e chiedono che la bambina sia trasferita a Tel Aviv, dove già due ospedali si sono dichiarati disponibili ad accoglierla e curarla. La storia della piccola Alta è arrivata in Italia grazie alla collega Angela Napoletano, che ne ha scritto su Avvenire il 10 giugno 2021.
Sono passati quattro anni dall’uccisione di Charlie Gard, tre da quella di Alfie Evans. Anche questi due bambini erano ricoverati in ospedali inglesi, anche per questi due bambini, affetti da malattie inguaribili ma non incurabili, fu scelto da medici e giudici il «best interest»: furono privati del ventilatore che li aiutava a respirare, furono privati dell’acqua e del cibo, morirono soffocati di fronte allo sguardo impotente dei loro genitori (si segnala “Europa, se perdi Charlie non ti rimane nulla”, il blog di Costanza Miriano, 28 giugno 2017).
Non è superfluo ricordare oggi le loro vicende, perché in Europa attorno a questi nomi, a queste vite, si accese un gran dibattito, e l’Italia si rivelò non fanalino di coda ma faro di speranza di un continente stanco e incapace di tutelare i diritti dei propri cittadini più fragili. Non è banale ricordare Mariella Enoc, presidente dell’ospedale Bambino Gesù, che nel 2018, nelle ore più drammatiche per i genitori di Alfie Evans, fece preparare un aereo con a bordo i migliori esperti del Bambino Gesù e volò a Londra all’Alder Hey, l’ospedale di Liverpool dove il piccolo era ricoverato. Enoc non fu neanche ricevuta dallo staff medico. Ancora, non è scontato ricordare la vicenda di Vincent Lambert, infermiere francese con grave disabilità a seguito di un incidente, ucciso l’11 luglio 2019 dopo nove giorni di agonia senza né acqua né cibo.
Anche in questo caso l’Italia si dimostrò Paese civile, libero, capace di levare la propria voce in difesa di questa vita fragile, pertanto ancora più bisognosa di cure. Anche in questo caso i genitori furono costretti ad assistere alla morte del figlio, a vedere la vita che lo abbandonava lentamente, giorno dopo giorno, mentre il corpo deperiva senza ricevere acqua né cibo. Quando la famiglia gli comunicò la decisione di medici e giudici (persino la CEDU, la Corte Europea per i diritti dell’uomo fece un passo indietro), Vincent scoppiò in lacrime. Da giornalista che seguiva la vicenda, sottostimata dai media europei, fu impossibile prendere sonno quella sera, dopo aver visto il video (si segnala “Vincent Lambert, è il momento di agire”, il blog di Costanza Miriano, 16 maggio 2019). Eppure, nonostante gli appelli, i ricorsi, le mobilitazioni di piazza in tutta Europa, quelle vite non furono salvate (si segnala “L’eutanasia è un crimine contro la vita umana”, Giacomo Bertoni, iFamNews).
Oggi per la piccola Alta Fixler si muove il presidente israeliano Reuven Rivlin, che ha scritto un appello al principe Carlo d’Inghilterra nel quale si legge: «La decisione della corte contraddice le convinzioni dei genitori ebrei ortodossi del bambino, che sono anche cittadini israeliani, e sarebbe una tragedia se i loro desideri non potessero essere rispettati». Dello stesso tenore, il messaggio del ministro della Sanità israeliano Yuli Edelstein, che il 7 giugno ha contattato il suo omologo britannico Matt Hancock (si segnala “Israeli president to Prince Charles: Let critically ill child come to Israel for treatment”, JNS, 9 giugno 2021).
Cosa accadrà ora? Difficile a dirsi. Un precedente positivo c’è: Tafida Raqeeb. Per la piccola, ricoverata al Royal London Hospital di Londra, medici e giudici avevano scelto l’eutanasia, ma grazie a una mobilitazione internazionale Tafida è stata trasferita al Gaslini di Genova. Dove, a dispetto delle condizioni senza speranze descritte a Londra, ha iniziato a dare vivaci segni di miglioramento (si segnala “Tafida al Gaslini: rinasce la speranza”, Il parco di Giacomo, 9 gennaio 2020).
Le pressioni in questo campo sono molto forti, basti notare che, come ricorda Angela Napoletano su Avvenire, l’autore della sentenza che permise il trasferimento di Tafida è il giudice Alistair MacDonald, «lo stesso che ha sentenziato per Alta il “no” allo spostamento perché non ci sono possibilità di recupero». (Riproduzione riservata)
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