Bette Davis, uno sguardo è per sempre – Parte 1
SPECIALE Eclettica, determinata, indimenticabile: viaggio nella carriera di un’icona del cinema. Il critico Massimo Giraldi: «Diva che brilla luminosa nel firmamento hollywoodiano»
«All the boys think she’s a spy, she’s got Bette Davis eyes». È stata una delle attrici più talentuose del fantastico e terribile mondo del cinema hollywoodiano, ha saputo mutare aspetto infinite volte dando vita a personaggi sfaccettati e diversissimi, ha incantato il pubblico e terrorizzato i produttori. A trentaquattro anni dalla morte, il suo sguardo cattura ancora come la prima volta. Massimo Giraldi, critico e storico del cinema, la ricorda così: «Diva dei due mondi, ha segnato in maniera indelebile l’industria del cinema a stelle e strisce e l’orizzonte narrativo internazionale, abitando con disinvoltura cinema, teatro e televisione. Una diva come poche, che brilla luminosa nel firmamento hollywoodiano».
Il 6 ottobre 1989 moriva in Francia, a Neuilly-sur-Seine, Bette Davis, vincitrice di due premi Oscar come miglior attrice (1936 e 1939), un Prix d’interprétation féminine a Cannes (per “Eva contro Eva”), una Coppa Volpi a Venezia (1937), un Nastro d’argento (1952) e un New York Film Critics Circle Awards (1950). E un secondo posto nella classifica delle più grandi star della storia del cinema stilata dall’American Film Institute (al primo posto c’è Katharine Hepburn, al terzo Audrey Hepburn).
Una carriera sterminata, segnata da una determinazione inarrestabile: «O eri con lei, o eri contro di lei», ricorda il figlio Michael. E contro di lei, nel 1936, si mise addirittura la Warner Bros: l’attrice, stanca di interpretare film che considerava mediocri, accettò due proposte in Gran Bretagna, sapendo di violare il contratto con la casa di produzione. Iniziò così una guerra legale con il gigante del cinema, una dura battaglia che alla fine la vide sconfitta e costretta a pagare anche le spese degli avvocati. Bette Davis motivò lo scontro con questa dichiarazione: «Sapevo che, se avessi continuato a recitare in altri film mediocri, non avrei lasciato nessuna carriera per cui valesse la pena di lottare». E in effetti, nonostante l’esito legale infausto, Bette Davis aprì una strada che sarebbe stata percorsa con successo da alcune sue colleghe negli anni a venire (in primis da Olivia de Havilland, nel 1943, che ne uscì vittoriosa).
Nel 1950 arrivò tra le mani di Bette Davis quella che lei stesse definì «la migliore sceneggiatura mai ricevuta». Si trattava di “All About Eve”, in Italia presentato come “Eva contro Eva”, un film amaro sul mondo dello spettacolo nel quale la Davis interpretò Margo Channing, una famosa diva di Broadway animata da grande talento ed ego, e allo stesso tempo stanca dei meccanismi disumanizzanti di una quotidianità costantemente sotto i riflettori. Gli anni passavano e Bette Davis costruiva, interpretazione dopo interpretazione, il mito di Bette Davis.
È sorprendente riascoltare oggi le sue interviste, perché vi si scopre la piena consapevolezza di essere una leggenda, di incarnare una figura mitologica per il cinema e per la cultura contemporanea. Kathryn Sermak, la giovane assistente che è rimasta accanto all’attrice nei suoi ultimi dieci anni di vita, ha pubblicato il libro “Miss D. and Me. Life with the Invincible Bette Davis”. Aprendolo si trova un breve messaggio dell’attrice, che si firma: «The Legend».
Ci sono grandi star che sono diventate leggende perché a un certo punto della carriera si sono nascoste ai flash del mondo, fermando così lo scorrere del tempo. Bette Davis invece ha lavorato sempre, la sua ultima apparizione in pubblico è datata 22 settembre 1989: cappellino d’ordinanza, guanti, immancabile sigaretta accesa. Un’anziana ed elegante signora, il cui sguardo arrivava dove il corpo non riusciva più ad arrivare. Il nome “Bette Davis” non evoca dunque un’unica immagine cristallizzata e condivisa, bensì volti diversi segnati dagli anni che correvano veloci (anche a causa di gravi problemi di salute e personali che hanno reso l’ultima fase della sua vita una strada in salita). Bette Davis ha saputo creare un mito senza tempo vivendo fino in fondo il proprio tempo.
L’iconica “Bette Davis Eyes”, canzone portata al successo da Kim Carnes nel 1981 (un Grammy come miglior brano e miglior disco dell’anno nel 1982), ha consacrato infine Bette Davis come diva senza confini spazio-temporali e le ha fatto conquistare un ruolo da protagonista nell’immaginario collettivo.
Ma chi è stata e chi è Bette Davis per il cinema e per la cultura?
Notturno lo chiede a Massimo Giraldi, critico e storico del cinema: «La sua è stata una carriera sensazionale, tra ruoli iconici e battaglie accese con i granitici Studios hollywoodiani. Bette Davis aveva un temperamento forte, uno sguardo intenso che sapeva accostare fuoco e ghiaccio. Era “ghiaccio bollente”, recuperando una nota espressione di Alfred Hitchcock riferita a Grace Kelly. Diva tra le dive, la Davis ha collezionato prima di tutte il numero più elevato di nomination agli Academy Award, ai Premi Oscar: 11 candidature dalla metà degli anni Trenta alla soglia degli anni Sessanta, conquistando l’ambita statuetta per “Paura d’amare” (1936) e “Figlia del vento” (1939). Il suo divismo ha occupato sempre le vette della piramide dell’industria hollywoodiana, insieme alle colleghe Joan Crawford, Gloria Swanson, Marlene Dietrich, Katharine Hepburn, Rita Hayworth, Ingrid Bergman, Vivien Leigh e Marilyn Monroe. Punto di forza era una bellezza dalle linee non ordinarie, un volto magnetico dove fiammeggiavano occhi che lasciavano il segno. Il suo sguardo era una firma, il tratto distintivo nella moltitudine di attrici e aspiranti star che sgomitavano nella Hollywood classica. Salda nelle sue convinzioni e consapevole del suo talento, Bette Davis non ha avuto paura di fronteggiare apertamente le grandi Major, principalmente per non rimanere impantanata in ruoli asfittici o ripetitivi. Certo, ha pagato cara la sua libertà, ma la sua carriera, la sua fama e il suo mito non hanno mai risentito di tutto ciò. Anzi. Sul fronte privato, la Davis ha avuto una vita costellata di affanni, insicurezze e dispersioni, ma il lascito che ha donato alla storia del cinema, all’industria culturale statunitense, fa distogliere l’attenzione dalle ombre. Bette Davis rimane una diva come poche. Una diva per sempre». Continua… (Riproduzione riservata)
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