Ciao Milva!
Oltre 1.600 persone al Piccolo Teatro Strehler a Milano per visitare la camera ardente dell'artista. Se la televisione ha la memoria corta, il pubblico non ha il cuore tiepido
«Ciao Milva!», grida una signora dal balcone, mentre il feretro dell’artista lascia il Piccolo Teatro Strehler tra gli applausi degli ammiratori. È un grido tremante, scosso dalla commozione, eppure è così potente da rompere ogni residuo argine al pianto. Oltre 1.600 persone si sono messe in coda davanti al Piccolo per l’ultimo saluto alla Rossa, con compostezza e silenzio, con gli occhi lucidi e la mente piena di ricordi.
Un’affluenza forse inaspettata, che conferma quanto più volte ribadito in questi dieci anni di articoli sulla Pantera di Goro: la televisione può anche avere la memoria corta, il pubblico però non ha il cuore tiepido.
E così in Largo Greppi ci sono rappresentate diverse generazioni, diverse storie professionali e umane, diverse provenienze. Non numeri ma volti, non fan, come ripeteva Milva, ma amici.
Massiccia la presenza dei colleghi, con tre troupe Rai e inviati di tutte le principali agenzie, che dopo anni di casuale distrazione oggi fermano le persone per strada chiedendo: «Era la più grande, vero?». Meglio tardi che mai, direbbe un inguaribile ottimista.
Ci pensa Rita Pavone a tirare le orecchie a presenti e assenti; arriva a piedi con passo deciso, da sola, con in mano un mazzo di fiori, viene subito accerchiata dalle telecamere e racconta: «Milva era una professionista unica. Una donna di carattere, con un talento incredibile. Meritava di essere ricordata di più, è giusto celebrare i grandi artisti quando sono ancora in vita».
Tra le colleghe più famose, Rita Pavone è l’unica che oggi si è recata di persona alla camera ardente. Pochi, in generale, i personaggi noti. Beppe Sala e Livia Pomodoro hanno reso omaggio all’artista, fermandosi a ricordarla con i giornalisti. Parlando con un collega della Stampa abbiamo condiviso un sospetto: nella lunga coda di persone, che per tutta la mattina ha riempito il piazzale antistante il Piccolo Teatro, si sono infiltrati quasi sicuramente almeno altri due artisti, un attore e un’attrice provenienti dal mondo del teatro, dunque meno noti al grande pubblico. Ma la loro discrezione, netta e serena, ha impedito anche a noi di raggiungerli e intervistarli.
Milano saluta così l’ultima diva dal fascino mitteleuropeo, con quell’impostazione tipicamente milanese che trattiene le parole in gola e lascia parlare gli sguardi. Qui, dove Milva ha cantato Brecht, Merini, dove ha concluso la sua carriera con gli ultimi spettacoli de “La variante di Luneburg” (ultima data in assoluto 1° aprile 2012, Teatro Arena del Sole, Bologna). A poche centinaia di metri dal Piccolo Teatro Grassi, dove la magia del teatro ha stregato per sempre la carriera di Milva.
«Ha percorso la sua carriera con l’ansia di mostrarsi colta, intelligente, impegnata. E lo era», ha scritto Carlo Cambi su La Verità di domenica 25 aprile. Vero: l’elenco dei titoli, delle onorificenze e dei palcoscenici prestigiosi legati al nome della Rossa sarebbe infinito. Eppure oggi, in questa giornata uggiosa, per una volta i titoli non importano a nessuno. Milano non è qui solo per salutare un nome che ha portato l’Italia nel mondo, Milano è qui per salutare una donna, una persona, un’amica. Una diva che, nella sua raffinata superbia, ha sempre cercato di fuggire l’ipocrisia. Una presenza che negli ultimi dieci anni si è fatta via via sempre più rarefatta, ma mai assente.
Si era cementata negli anni una familiarità che oggi rende il distacco doloroso, perché Milva è presente nelle parole di una zia anziana, che ne ricorda “Canzone”, di un amico di famiglia, che ne ricorda “Milva canta un nuovo Brecht. Non sempre splende la luna”, nelle parole di un coetaneo, che ricorda la cascata rossa sul palco del Festival di Sanremo 2007.
Chi ha sempre scritto di Milva, chi l’ha sempre ascoltata, chi l’ha sempre pensata, forse oggi avrebbe voluto salutarla proprio come ha fatto quella signora coraggiosa dal suo balcone. In barba a ruoli, titoli ed etichetta, un bel respiro e una voce: «Ciao Milva!». (Riproduzione riservata)