Curia di Milano, critiche per le nuove norme anti covid
Stop allo stato di emergenza, ma la diocesi ambrosiana conferma ulteriori restrizioni per le celebrazioni. Iustitia in Veritate: «Documento tragicamente ridicolo, l’arcivescovo Delpini rettifichi»
«Potranno essere forniti sussidi cartacei per la liturgia o il canto. Dopo essere stati ritirati potranno essere riutilizzati dopo almeno tre ore». Questa è solo una delle (numerose) nuove norme stabilite dalla diocesi di Milano con il decreto di monsignor Franco Agnesi, vicario generale. Il documento, datato 29 marzo 2022, affronta la cessazione dello stato di emergenza ed era atteso come conferma ufficiale di un allentamento delle norme anche per chiese e oratori. In realtà, a sorpresa, il testo redatto dalla curia di Milano aggiunge nuove restrizioni e rende ancora più complesse le procedure di messa in sicurezza (in senso sanitario) delle chiese per le celebrazioni. L’associazione Iustitia in Veritate punta il dito contro il documento: «Disobbediente e tragicamente ridicolo».
Nonostante la cessazione dello stato di emergenza (per la pandemia) nel Paese, nonostante l’abrogazione del protocollo per la celebrazione delle Messe del 7 maggio 2020, la curia di Milano frena sulle riaperture. Le decisioni della curia ambrosiana non hanno effetto solo sulla diocesi più grande d’Europa, ma anche sulla maggior parte delle diocesi lombarde, che seguono le indicazioni provenienti da Milano. Si legge nel documento: «Non è obbligatorio rispettare la distanza interpersonale di un metro. Tuttavia, per evitare di creare assembramenti, si consiglia di far mantenere tale distanza ai fedeli che partecipano alle celebrazioni in spazi chiusi in posti ulteriori, anche in piedi, rispetto a quelli previsti ordinariamente».
No al riposizionamento dell’acqua benedetta: «Si continuino a mantenere vuote le acquasantiere della chiesa. È possibile utilizzare idonei dispositivi che rilascino acqua benedetta». Il termine “idonei dispositivi”, non meglio specificato, ritorna più volte nel documento.
Poco cambia anche riguardo la Comunione: «La distribuzione della Comunione potrà avvenire solo sulla mano. I fedeli si metteranno in fila per ricevere la Comunione continuando a indossare bene la mascherina. Una volta ricevuta la particola si sposteranno lateralmente, abbasseranno la mascherina e si comunicheranno in modo così da non farlo di fronte al Ministro. Non è possibile distribuire la Comunione facendo rimanere ai propri posti i fedeli». Unico allentamento concesso è il tornare a mettersi in fila per ricevere la Comunione, decisione che consente anche un maggiore controllo alla luce del crescente fenomeno dei furti di ostie consacrate.
Particolarmente severe le norme riguardo le visite dei sacerdoti agli ammalati: «Per la visita ai malati dei Ministri della Comunione Eucaristica si osservino le seguenti misure: ciascun Ministro potrà visitare periodicamente un massimo di quattro ammalati, sempre gli stessi; si inviterà ad arieggiare la camera prima e dopo la visita; prima e dopo aver comunicato il malato, il Ministro si laverà accuratamente le mani con acqua e sapone o con idoneo gel a base alcolica; si privilegi la comunione sulle mani; la visita sia breve; nella stanza ci siano meno persone possibili; durante la visita il Ministro non indosserà la semplice mascherina chirurgica ma una mascherina FFP2 o FFP3».
Le visite ai malati sono state subito impedite allo scoppio della pandemia e sono rimaste vietate per quasi due anni. Alcuni sacerdoti hanno violato queste disposizioni, spesso su richiesta esplicita dei parenti, per portare la Comunione e un po’ di conforto alle persone impossibilitate a uscire di casa. Non si comprende la limitazione della visita a soli quattro ammalati, non si comprendono così tante limitazioni alla visita stessa, che per l’anziano o il malato dovrebbe essere un momento di fede, ristoro spirituale e speranza.
A fronte di queste nuove norme Iustitia in Veritate, da due anni impegnata nella difesa della libertà di coscienza e della libertà religiosa, rompe l’ormai nota diplomazia e attacca pubblicamente il documento: «Le restrizioni sono semplicemente bizzarre, ridicole e prive di fondamento scientifico dal punto di vista sanitario – scrive l’associazione –. Mentre nella nota della CEI si riporta espressamente che non è più obbligatorio rispettare la distanza interpersonale di un metro, il decreto della diocesi milanese si dilunga a dettagliare le distanze da osservare nei vari contesti, tanto che il fedele potrebbe considerare opportuno recarsi alle funzioni, dotandosi di un apposito dispositivo di misurazione».
Iustitia in Veritate condanna il divieto di distribuire la Comunione in bocca e le ulteriori restrizioni nei riguardi dei malati: «Tra il profluvio di indicazioni destinate ai Ministri della Comunione Eucaristica, spicca l’assurdo e assai poco caritatevole obbligo per ciascuno di loro di visitare periodicamente un massimo di 4 ammalati, sempre gli stessi».
Invitando l’arcivescovo di Milano a rettificare al più presto il documento, l’associazione scrive: «Inseguire ed appesantire ultra legem o extra legem disposizioni civili discutibili, se non già arbitrarie ed in parte decadute, mortifica la funzione e la dignità dell’autorità ecclesiastica, ne mina la credibilità e le fa perdere la (residua) fiducia dei fedeli». (Riproduzione riservata)
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