Don Luca Gabriel: “Sono giorni di una speranza ineffabile”
INTERVISTA Le vacanze di Natale costringono a fare i conti con se stessi. La crisi però è positiva: «Nessun istante della vita umana è privo di senso se compreso nel rapporto con Dio»
La solitudine che si avverte in questi giorni di festa può essere salutare. Il Natale diventa un miracolo anche per chi non crede. Il 31 dicembre si festeggia rileggendo “I Promessi Sposi”. È un’analisi controcorrente quella che don Luca Gabriel, sacerdote della diocesi di Albenga-Imperia in Liguria, fa degli ultimi giorni di dicembre. Fra luci, addobbi e regali si fa spazio una malinconia profonda, che sembra richiamare l’uomo del terzo millennio ai fondamentali, alle domande di senso: chi sono? Chi desidero essere? Perché corro? Da cosa fuggo? Che cosa cerco? Una cascata di domande che durante le vacanze irrompe nel quotidiano, mettendo in crisi le certezze cementate dai tanti impegni quotidiani. Anche se le domande spaventano, perché portano a riconoscere errori e attivare rimorsi (e rimpianti), sono in realtà positive, spiega don Luca Gabriel, perché rendono umano l’uomo e al contempo lo aprono al trascendente.
Don Luca Gabriel, a questo Natale tante persone sono arrivate sfinite dalle preoccupazioni e il 25 dicembre, per molti, è passato in un soffio. Che cosa rimane oggi, mentre la malinconia sembra calare sul cuore? «Giungere al santo Natale esausti e impreparati è divenuta ormai un'annosa consuetudine. In un certo senso tale fenomeno è inevitabile perché la tradizionale memoria di questo evento singolare riaccade sempre confitta nel denso intrico di vicissitudini che segnano la storia personale e collettiva; la stessa nascita di Gesù a Betlemme fu per prima immersa nel flusso convulso degli avvenimenti. Non solo Erode, Quirinio e l'imperatore Ottaviano ma persino i pastori, privilegiati destinatari dall'annuncio inaudito, non eran pronti alla sorpresa di quel fatto misterioso che improvvisamente dirompeva dai confini delle loro pur vive attese e delle loro usuali occupazioni; trovarsi sprovveduti all'avvenimento più inopinabile della storia è dunque in parte fisiologico. Si accusa poi - oggi come allora - un problema aggravante, cui il tempo educativo d'Avvento tende ad ovviare: si tratta della permanente inclinazione di ognuno a di-vertirsi dal proprio cuore, avido di un significato ultimo al vivere e al morire, per alienarsi in quei beni caduchi dotati d'immediata fruibilità che la Scrittura denomina idoli. Negli ultimi decenni, peraltro, il consumismo edonistico radicato nel nichilismo gaio dell'occidente opulento e disperato, si è imposto come costume dominante in ogni stagione dell'anno, soprattutto a ridosso del Natale. Quest'anno si è stati forse colti ulteriormente impreparati anche a causa dell'ossessiva insistenza massmediatica sulla corrente pandemia e sul suo vorticoso decorso. Tuttavia, la potenza formidabile del Natale rimane intatta nei secoli. I marosi delle avversità contingenti vi si abbattono come su di uno scoglio infrangibile; il Bambino adagiato in una mangiatoia non cessa di esercitare la sua umile attrattiva sugli uomini, coinvolgendo i più refrattari alla sua luce gentile. Anche se impreparati, si può allora riuscire dal 25 dicembre scossi e con-vertiti. La questione grave che reclama di essere affrontata è se a Natale avviene o meno un fatto realmente dirimente l'enigma dell'umano destino, un fatto risolutivo capace di mutare irreversibilmente le sorti dell'esistenza. Certo, se il Natale vien ridotto a sentimenti solidali e a pranzi più o meno familiari, la sua novità seducente si esaurisce nel soffio di qualche ora; è allora necessario che vi subentri presto la malinconia di un'attesa frustrata. Se invece, pur impreparati e stracchi dalle evenienze talvolta estenuanti della vita, ci si lascia intimamente provocare dal contenuto originale dell'annuncio cristiano senza adulterarlo; se si tenta con impegno tenace di verificarne seriamente la pertinenza alle urgenze ultime che s'ergono dai più intimi recessi del cuore, allora vi si scopre la presenza più decisiva di tutta la storia, la compagnia contemporanea ad ogni effimera circostanza della vita, la persona divina che si appropria di tutta la mia umanità - ogni mio capello - perché nulla sia perduto e tutto sia salvato. Colui che rinasce ogni 25 dicembre rimane per sempre con gli uomini che, come sopraffatti dalla sua imprevedibile irruzione, non disdegnano di accoglierlo nell'alloggio del proprio cuore. Allora il Natale non dura una giornata sola».