Dove si fabbrica l’orrore
Oriana Fallaci nel 2005 lancia un monito contro la sperimentazione scientifica senza limiti etici: «Dietro la promessa di guarire le malattie c’è il progetto di reinventare l’Uomo in laboratorio»
«Tutto ciò mi ricorda il Mondo Nuovo di Huxley, sì, l’abominevole mondo degli uomini Alfa, Beta e Gamma, ma soprattutto mi ricorda le oscenità dell’eugenetica con cui Hitler sognava di creare una società costituita soltanto da biondi con gli occhi azzurri». È il 3 giugno del 2005, Oriana Fallaci esce sul Corriere della Sera con “Noi cannibali e i figli di Medea”, j’accuse perentorio contro una sperimentazione scientifica senza etica.
La miccia che accende il fuoco di Oriana è il referendum del 12 e 13 giugno 2005 voluto dai Radicali per abrogare alcuni commi della legge 40, "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita". Oriana non si ferma però alla fecondazione assistita, ma allarga il discorso ai problemi etici di «una scienza che è sempre più tecno scienza, di una medicina che è sempre più tecno medicina, quindi sempre più disumana». E sembra parlare all’uomo del 2021, oggi più che mai chiamato a scontrarsi con la realtà di farmaci sperimentati e prodotti su linee cellulari da feti abortiti.
Dietro queste tecniche, secondo Oriana, vi è un un progetto preciso: «Sostituirsi alla Natura, manipolare la Natura, cambiare anzi sfigurare le radici della Vita». E per disumanizzare la Vita, occorre arrivare alle «creature più inermi e indifese», ovvero «i nostri figli mai nati, i nostri futuri noi stessi, gli embrioni umani che dormono nei congelatori delle banche o degli Istituti di Ricerca». In cosa consistono le sperimentazioni sugli embrioni? Nel «massacrarli riducendoli a farmaci da iniettare o da trangugiare, oppure facendoli crescere quel tanto che basta per macellarli come si macella un bove o un agnello, poi ricavarne tessuti e organi da vendere come si vendono i pezzi di ricambio per un’automobile». Così, senza ipocrisia né diplomazia, Oriana richiama l’orrore: «Se al posto dei gemelli vivisezionati da Mengele ci metti gli embrioni umani che dormono nei congelatori, il discorso non cambia».
Denunciare queste pratiche, ricorda ancora Oriana, significa suscitare l’ira dell’intellighenzia che conta, delle grandi firme che prontamente «strillano che non si può imporre le mutande alla Scienza, che il Sapere non può essere imbrigliato, che il Progresso non può essere fermato». Un’indignazione curiosa, che non si è vista quando gli animalisti hanno attaccato i laboratori per difendere gli animali, utilizzati come cavie e chimere per testare farmaci e cosmetici. Ora invece, non trattandosi di animali ma di bambini non nati, accettano in silenzio «che le cellule di queste nuove cavie vadano ad arricchire le ditte farmaceutiche il cui cinismo supera quello dei mercanti d’armi, accettano che gli embrioni vengano squartati come bovi nelle macellerie per ricavarne tessuti e organi da vendere come si vendono i pezzi di ricambio per un’automobile».
Oriana nel 2005 si scontra con la complicità del Comitato Nazionale di Bioetica, incapace di farsi voce profetica di fronte al pensiero unico, l’uomo del 2021 si scontra con una narrazione dominante che non solo non ammette dubbi, ma non li riconosce più come lievito del dibattito pubblico. Nei confronti di una sperimentazione senza limiti etici non vi è più la farsa dell’indignazione a tempo determinato, come descrive Oriana nel 2005, bensì la complicità colpevole ammantata di solidarietà e altruismo grazie alla rassicurazione della “cooperazione remota”. Oriana è una giornalista, rifiutava allora i sofismi dei salotti buoni e li rifiuterebbe oggi, e ancora una volta, per usare un’efficace immagine di Ferruccio De Bortoli, sbatte il lettore contro il muro e pone domande: «Dimmi se queste ricerche in apparenza fatte per guarire le malattie in realtà non puntano a qualcosa che assomiglia molto all’hitleriano sogno di una società composta soltanto di biondi con gli occhi azzurri. Dimmi se col pretesto della terapeutica la Scienza e il Progresso non contemplano un mondo di super uomini e super donne da fabbricare nei laboratori».
Se la promessa è guarire le malattie, Oriana, da anni in guerra con l’Alieno, non può che sentirsi coinvolta, eppure scrive: «Dio sa se amo vivere, se vorrei vivere più a lungo possibile. Sono innamorata, io, della vita. Ma a guarire i miei cancri iniettandomi la cellula d’un bambino mai nato mi parrebbe d’essere una cannibale. Una Medea che uccide i propri figli».
Oriana, “atea cristiana” per sua stessa definizione, si rifà a Wojtyla, «a un embrione si deve il medesimo rispetto che si deve a un bambino nato o a una qualsiasi persona», e a Ratzinger, che quell’anno nel libro “Europa” scriveva: «Una rinnovata coscienza etica non può venire dal dibattito scientifico». Nella critica alla scienza che si fa tecno scienza, Ratzinger «difende la Natura. Rifiuta un Uomo inventato dall’uomo cioè un prodotto di se stesso, della eugenetica mengeliana, della biotecnologia frankensteiniana».
Per questo Oriana resta affascinata dal discorso di un pontefice che è stato per anni Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, riga del curriculum che non poteva piacere alla giornalista fiorentina, per questo ne coglie con onestà intellettuale la profezia: «Ciò che dice è vero. È giusto. È raziocinante. È un discorso che va al di là della religione, un discorso civile, e la bellissima fiaba non c’entra. C’entrano i doveri che noi esseri umani abbiamo verso la Natura. Verso la nostra specie, verso i nostri principii. I principii senza i quali l’Uomo non è più un uomo».
Le responsabilità della narrazione a senso unico sono delle case farmaceutiche, segnala Oriana, di una Scienza «che ha sempre rincorso i premi Nobel, la sua vanità, il suo delirio d’onnipotenza», della stampa complice («dei media che quelle malefatte le presentano con compiacimento, anzi col cappello in mano»), dei politici che «per ritrovare il potere perduto consentono che i nostri (e i loro) bambini non nati finiscano nei nuovi campi di sterminio».
E la colpa è anche della «cosiddetta gente comune», aggiunge inesorabile Oriana, che inizialmente «si impaurisce, dice oddio che vogliono farmi, che mi succederà. Ma poi, rimbecillita dal lavaggio cerebrale esercitato dai politici e dagli intellettuali che i Frankenstein li presentano come benefattori, sedotta dal compiacimento e dagli elogi dei giornali che li trattano col cappello in mano, cede ai dubbi. Non capisce di venir presa in giro, non si rende conto d’essere a una tragica svolta del nostro destino, e cambia idea. Per sentirsi moderna, lanciata verso il futuro, si adegua. Per non andare controcorrente, non perdere i vantaggi della cosiddetta modernità (vantaggi che alla fine si riassumono in un telefonino sempre appiccicato all’orecchio) grida al miracolo. Si piega, anzi applaude, anche se ciò significa massacrare i propri figli come Medea».
L’uomo del 2021 non ha più giustificazioni: molte informazioni sono oggi accessibili a tutti, grazie al lavoro di (pochi) giornalisti, spesso indipendenti, che rischiano intimidazioni e querele temerarie pur di diffondere la verità, basti pensare allo scandalo su Planned Parenthood portato alla luce da due freelance per il Center for Medical Progress (CMP). Perché tanto impegno per censurare queste notizie? Quale bene comune può arrivare da case farmaceutiche che accettano, scelgono e promuovono una sperimentazione senza limiti etici? Come può essere remota la cooperazione al male di fronte a così grandi sistemi, nutriti anche da denaro pubblico e scelte dei singoli? Quanto è libero e informato il consenso che milioni di persone hanno già firmato? Può bastare la narrazione “queste linee cellulari derivano da aborti spontanei avvenuti negli anni ‘70” per tacitare le coscienze? Può bastare questa narrazione per silenziare sul nascere ulteriori inchieste?
Oriana aveva già dato la risposta nel 2005: «Ci stiamo suicidando, cari miei. Ci stiamo uccidendo col cancro morale, con la mancanza di moralità, con l’assenza di spiritualità. E questa faccenda del mondo da rifare con la truffaldina eugenetica, con la bugiarda biotecnologia, non è che la tappa definitiva del nostro masochismo». (Riproduzione riservata)
(Le citazioni dell’articolo di Oriana Fallaci sono tratte da “Le radici dell’odio”, Oriana Fallaci, Rizzoli, 2015 Milano, pag. 427)
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