Europa: non c’è futuro senza libertà
Il vescovo di Pavia firma un lungo editoriale nel quale parla di aborto, migranti e ddl Zan: “Sembra che al mainstream non stiano a cuore le realtà fondamentali della persona e del suo pieno sviluppo”
«Vita umana, famiglia come soggetto educativo e grembo fecondo di nuove generazioni – delle quali già si avverte il vuoto – e libertà di dissentire dal pensiero dominante: questi sono i beni oscurati e minacciati oggi in Europa e nel nostro mondo “sviluppato e moderno”». Non usa mezzi termini monsignor Corrado Sanguineti, vescovo di Pavia, nel lungo editoriale pubblicato su il Ticino del 2 luglio 2021.
«Vita, famiglia e libertà: stanno ancora a cuore all’Europa?», si chiede il vescovo, richiamando all’attenzione dei lettori la risoluzione presentata dall’eurodeputato croato Predrag Fred Matić (e approvata dal Parlamento europeo), che «definisce i diritti alla salute sessuale e riproduzione come diritti umani di cui farebbe parte anche l’aborto, con un attacco frontale all’obiezione di coscienza, considerata come mera negazione di prestazione medica, e alla “disinformazione” dei movimenti per la vita».
La “Relazione Matić”, come ricorda il vescovo Corrado, ha provocato la dura reazione della Commissione degli episcopati dell’Ue (Comece), che ha affermato: «Notiamo con rammarico che la bozza di risoluzione è caratterizzata da una prospettiva unilaterale, soprattutto per la questione dell’aborto, che non tiene pienamente conto delle situazioni di vita delle persone coinvolte e dei loro relativi diritti umani … non riflette la tragedia e complessità delle situazioni in cui si trovano le madri che considerano di abortire il proprio figlio non nato». E ancora: «Un intervento medico di queste dimensioni non può e non deve diventare una pratica normale. Qualificarlo come servizio essenziale degrada il bambino non nato».
Risuona inevitabile il monito lanciato da Giovanni Paolo II con l’enciclica “Evangelium Vitae” nel marzo 1995: quale futuro se non si tutela il soggetto più fragile e indifeso, ovvero il bambino non nato? Quale solidarietà, quale rispetto, quale attenzione per gli uomini e le donne del mondo se il bambino non nato non viene tutelato dall’aborto e da una sperimentazione medica senza limiti? Basti pensare al tema dei migranti, che il vescovo richiama scrivendo:
«Di fronte all’emergenza umanitaria delle migrazioni, provenienti dall’Africa e dall’Asia, che sta mettendo in difficoltà il sistema di accoglienza nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo – Italia, Grecia, Spagna, Malta – di fronte alla tragedia di uomini, donne e bambini che affrontano sofferenze inimmaginabili, in mano a trafficanti e scafisti senza scrupoli, e non poche volte muoiono nelle traversate nei deserti, in mare o in zone impervie di montagna, o sono costretti a restare chiusi in campi profughi per anni, senza prospettive, spesso oggetto d’inumane violenze e di ricatti, il Vertice UE ha dedicato otto minuti all’argomento e sostanzialmente ha lasciato la gestione dell’emergenza agli Stati interessati, prospettando, almeno per ora, solo aiuti economici alle nazioni della UE coinvolte nell’accoglienza, o alte somme di denaro per la Turchia, perché continui a tenersi i profughi, ben chiusi nei loro campi di detenzione, mentre Stati come Italia, Spagna e Malta sembrano scegliere la via del rinnovo di accordi bilaterali con Paesi del nord Africa, come Libia e Tunisia, che non brillano per il rispetto dei diritti umani dei profughi che accolgono».
O basti pensare al tema delle discriminazioni, proprio quelle discriminazioni che i promotori del ddl Zan dicono di voler combattere. Sono molti i punti della legge definiti «controversi» dal vescovo Corrado, che segnala:
«Si fa diventare legge una posizione di pensiero tutt’altro che condivisa e pacifica, che dà per normale la dissociazione tra sesso e genere, assumendo implicitamente una precisa ideologia, con ricadute educative gravi soprattutto nei bambini e negli adolescenti: la crescita esponenziale, in certe nazioni, di adolescenti che manifestano problemi d’identificazione sessuale e di disforia di genere, indotti a comportamenti e a scelte di vita, che generano confusione nella percezione di sé, sono un segnale preoccupante e proprio in certi Paesi molto avanti nella promozione della cultura gender, diffusa nelle scuole, nonostante l’opposizione o le perplessità delle famiglie, cominciano a manifestarsi ripensamenti e interrogativi, su prassi troppo disinvoltamente proposte e sul crescente disagio che si manifesta tra bambini e adolescenti».
Vita, famiglia, libertà. Libertà di educazione, libertà di espressione, ma anche libertà di stampa. Ancora scrive il vescovo:
«Una volta divenuto legge, si potrebbe perseguire penalmente chi affermasse che presupposto delle nozze è la diversità di sesso tra coloro che vi convolano? Saremo ancora liberi di affermare che la famiglia, società naturale voluta da Dio, è fondata sul matrimonio, come unione tra un uomo e una donna? O che i figli hanno bisogno di un padre e di una madre, almeno in via ordinaria, per crescere serenamente? Che esiste una differenza sessuale inscritta obiettivamente nell’essere maschio e femmina, aperta alla procreazione?»
Vita, famiglia e libertà: nei tre temi toccati dal lungo editoriale (si consiglia lettura integrale) del vescovo di Pavia è possibile riscontrare le sembianze del pensiero unico, di una narrazione dominante che non ammette repliche né voci differenti. Una sola è la verità, le parole di chi dissente sono derubricate a opinioni personali viziate da fede o ignoranza. Opinioni degne di rispetto a patto che non vengano espresse pubblicamente. Cresce così un clima ostile al confronto, al dialogo, anche acceso ma basato sui contenuti.
Un dibattito capace di scuotere le coscienze delle persone coinvolte e dei lettori, capace di smuovere i pensieri, di aumentare la conoscenza, di facilitare la comprensione della complessità del reale. Invece, ancora una volta, si preferiscono gli slogan ciclostilati in proprio. Facili da preparare, facili da diffondere, facili da essere ripresi e ripetuti. Scrive ancora il vescovo:
«Impressiona la riduzione dell’aborto, che resta una tragedia e un’esperienza traumatica nella vita della donna, a un semplice servizio sanitario da assicurare, come esercizio di un diritto legato alla salute riproduttiva. Che il concepito sia un essere umano, che l’aborto sia oggettivamente soppressione di una vita innocente, è censurato: anzi, chi ricorda la realtà in gioco nel dramma dell’aborto è accusato di fare disinformazione!».
Oscurare la realtà con l’ideologia, plasmare il linguaggio affinché copra la distorsione, etichettare chi provoca lo strappo nel cielo di carta come un ignorante, un pazzo, un pericoloso.
L’editoriale del vescovo di Pavia apre a nuove domande che risuonano in un dibattito pubblico grigio: quale libertà se alcune notizie vengono censurate? Quale bene comune se alcune scelte politiche nascondono gravi problemi etici? Quale tutela dei più fragili se i bambini non nati, indifesi per antonomasia, vengono usati come cavie da laboratorio? Quale protezione per la dignità della vita umana se il rispetto viene distribuito tramite etichette, stampate dall’intellighenzia che conta? (Riproduzione riservata)
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