Giornalisti: pensioni a rischio
Posticipato il commissariamento dell’Inpgi ma ancora mancano proposte concrete di rinnovamento. A pagare potrebbero essere, ancora una volta, i giornalisti freelance
Una voragine di 240 milioni di euro da attraversare su un ponte in legno di 20 milioni di euro. Non c’è pace per l’Inpgi, la cassa previdenziale dei giornalisti italiani, che ha varato un pacchetto di misure per posticipare il commissariamento dal 30 giugno al 31 dicembre 2021. Il rosso si fa sempre più profondo e la domanda è ormai ineludibile: quale futuro per le pensioni dei giornalisti?
Il 24 giugno 2021 Matteo Prioschi sul Sole 24 Ore scrive: «Approvata con dieci voti a favore e tre contrari la manovra che garantirà a regime 20 milioni di euro all’anno tra maggiori entrate e minori uscite all’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti italiani la cui gestione dei lavoratori dipendenti è in forte crisi. Un provvedimento non proporzionato rispetto ai 240 milioni di passivo dell’ultimo bilancio».
Tra le misure stanziate (prima di diventare operative devono essere approvate dai ministeri di Economia e Lavoro) vi è il contributo straordinario dell’1% su giornalisti attivi e in pensione per i prossimi cinque anni. Provvedimento che ha già suscitato una levata di scudi da parte dei giornalisti pensionati. Sulla vicenda pesa però un inspiegabile disordine percettivo: quanta consapevolezza c’è della gravità della situazione?
L’ente è la fotografia impietosa del settore: un mercato del lavoro che è arrivato alla pandemia con alle spalle almeno dodici anni di crisi, con turnover bloccato, redazioni svuotate, testate scomparse e collaborazioni sempre più precarie per i giovani giornalisti. E forse proprio ai giovani giornalisti andrebbe chiesto un parere sulla situazione dell’Inpgi, ennesima faccia di una crisi che li colpisce spesso senza difesa sindacale né solidarietà umana dai colleghi tutelati. Luciano Capone sul Foglio in edicola oggi (prima pagina + pagina 3) definisce l’Inpgi «un morto che cammina», e aggiunge:
«Lo squilibrio deriva da mala gestio, prepensionamenti facili e pensioni generose, ma soprattutto da uno squilibrio della piramide lavorativa dovuto alla crisi strutturale del settore: tanti pensionati con assegni generosi e sempre meno giovani lavoratori a pagare i contributi. Si tratta, con tutta evidenza, di un fallimento annunciato e inevitabile».
Ebbene, sulle spalle di chi cadranno i calcinacci di questo fallimento annunciato e inevitabile? Esatto, su quelle dei giovani giornalisti freelance. Ovvero su chi ogni giorno cerca la verità senza tutele, senza un reddito sicuro a fine mese, senza protezione in caso di minacce e querele pretestuose. Non è un caso che l’Inpgi 2, la gestione separata dedicata a pubblicisti e professionisti freelance, abbia un avanzo di oltre 35 milioni di euro. E non è un caso che questo tesoretto sia guardato con desiderio da Inpgi 1. A lanciare l’allarme è Acta, l’associazione dei freelance, che il 21 maggio 2021 ha scritto:
«I giornalisti freelance iscritti all’Inpgi sono molti di più dei colleghi con contratti a tempo indeterminato. Ma, a differenza loro, spesso sono malpagati. Il risultato è che, una volta in pensione, i liberi professionisti si ritroveranno con mini-assegni a causa dei bassissimi versamenti. Per contrasto facciamo notare che, tra le pensioni correntemente pagate dall’Inpgi 1 agli ex dipendenti, ce ne sono, invece, molte che superano i 5mila euro al mese. Figlie di un’epoca tramontata, e di un sistema retributivo mantenuto ben oltre il tempo massimo e fino al 2016».
Redazioni sempre più inaccessibili, popolate da articoli 1, che si appoggiano a collaboratori esterni sottopagati: o giovani disposti a fare enormi sacrifici pur di tenere viva la professione (impegnati 7su7 nella ricerca delle notizie, nella verifica delle fonti, nella formazione professionale continua), o persone con altri lavori, che svolgono attività giornalistica nel tempo libero, a volte senza neanche conoscerne a fondo la deontologia professionale.
Non esistono pezze in grado di coprire il buco dell’Inpgi senza un rinnovamento profondo del settore. Senza il coraggio di chiedere sacrifici a un sistema che per troppi anni ha scelto di non pensare al futuro. Senza la determinazione di riconoscere le giuste condizioni (una scrivania in redazione) e i giusti compensi (il contratto nazionale o il tariffario minimo per i freelance) ai giovani giornalisti. Se al 31 dicembre 2021 nessun cambiamento sarà stato avviato, il commissariamento sarà inevitabile. Ma sarà un commissariamento per il giornalismo intero. (Riproduzione riservata)
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