Giornalisti: pretendere le scuse
Intervento di Giacomo al corso di formazione professionale del 28 marzo 2022 organizzato da Stampa Romana. Tema: la campagna di sensibilizzazione di Ossigeno per l’informazione
Capita che il padrone di casa o uno degli organizzatori di una conferenza stampa o di un diverso incontro pubblico insulti un giornalista pubblicamente, in presenza di altri giornalisti. Può avvenire perché infastidito da domande scomode, perché mosso da antipatia personale o da qualsiasi altro futile motivo, ma ciò comporta la delegittimazione del giornalista e la censura delle sue domande. Che cosa conviene fare in questi casi? Che cosa potremmo fare, noi giornalisti, se accadesse davanti a noi ai danni di un collega? Ossigeno per l’informazione, osservatorio giornalisti minacciati e notizie oscurate con la violenza, ha rilevato diversi episodi di questo genere e ha avviato una campagna di sensibilizzazione rivolta proprio ai professionisti dell’informazione per affermare due principi tanto semplici quanto dimenticati. Uno: le scuse vanno pretese. Due: i giornalisti devono essere solidali fra loro.
Il 6 luglio 2021 a Genova, nel corso della presentazione alla stampa del nuovo allenatore della Sampdoria, il giornalista Renzo Parodi ha rivolto una domanda al presidente della Sampdoria riguardo le voci di un imminente cessione della società. Massimo Ferrero non ha gradito: ha reagito puntando il dito contro il giornalista, accusandolo di scrivere sciocchezze (ha usato un’altra parola più colorita) e falsità, di essere un buffone e di cercare da anni di farsi pubblicità a spese della Sampdoria. Renzo Parodi ha reagito chiedendo a Massimo Ferrero di ritirare ciò che aveva detto e chiedendo scuse immediate. La situazione stava diventando incandescente quando Marco Bisacchi, consigliere dell’Ussi (Unione stampa sportiva italiana) per la Liguria, è intervenuto per calmare gli animi. Ha invitato il presidente Ferrero a moderarsi e a chiedere scusa. Massimo Ferrero si è scusato con il giornalista Renzo Parodi e con tutti i presenti; la conferenza stampa è ripartita. Importante l’intervento dei colleghi, solidali con Renzo Parodi, e in modo particolare di Marco Bisacchi.
Un altro episodio ci porta invece nel 2017 e riguarda Carmine Raiola: durante una conferenza stampa, convocata nella propria abitazione romana, il noto procuratore ha replicato al tweet con il quale la giornalista sportiva della Rai Paola Ferrari aveva criticato Gigio Donnarumma, il giovane portiere del Milan di cui Carmine Raiola cura gli interessi. Carmine Raiola ha mandato Paola Ferrari a quel paese (con espressioni più colorite), accusandola di scarsa credibilità in quanto moglie di un imprenditore pieno di soldi. In quella occasione nessuno fra i presenti ha preso le difese della giornalista; la conferenza stampa è proseguita come se nulla fosse.
E nessuno ha preso le difese del giornalista Marco Liberati quando, il 30 novembre 2021, durante una conferenza stampa si è sentito rispondere: «Sono c..zzi miei, non sono c..zzi tuoi» da Dino Scanavino, presidente della Confederazione Italiana Agricoltori (CIA). Non solo i colleghi presenti alla conferenza stampa sono rimasti in silenzio, ma addirittura il moderatore dell’evento, un giornalista, è intervenuto dicendo: «Queste domande non interessano ai colleghi». Poi gli organizzatori hanno invitato il cronista a lasciare la sala. L’Associazione Stampa Romana, sindacato dei giornalisti del Lazio, ha stigmatizzato il comportamento del presidente della CIA con un comunicato stampa. Alcuni giorni dopo Dino Scanavino si è scusato per l’accaduto.
Questi tre episodi, sul notiziario di Ossigeno ne potete trovare altri, ci riportano alle domande iniziali: che cosa fare in questi casi? Il primo passo di Ossigeno è, dopo la verifica attenta dell’accaduto secondo i nostri metodi di classificazione, la solidarietà pubblica al giornalista colpito, rilanciando anche le sue domande, che sono state silenziate durante l’evento. Ma occorre fare di più: i colleghi presenti devono pretendere le scuse, devono alzarsi e andarsene se queste non arrivano. È facile? No. Perché significa mettersi contro il padrone di casa e ciò può avere conseguenze spiacevoli per il cronista, basti pensare al peso di queste dinamiche nel giornalismo locale, dove l’inviato (magari freelance) teme di essere tagliato fuori dalle fonti. Ma chi difende il collega difende tutta la professione. Difende anche se stesso. (Riproduzione riservata)
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