Green pass per entrare in chiesa?
Dopo i casi di alcuni sacerdoti che hanno invitato i fedeli a restare a casa se non vaccinati, spunta l’ipotesi di restrizioni nell’accesso al culto in autunno. L’avvocato risponde
Dopo il caso di don Pasquale Giordano, della parrocchia Mater Ecclesiae di Bernalda, provincia di Matera, che ha invitato i non vaccinati a non recarsi in chiesa per la Messa, cresce la preoccupazione per la possibile introduzione del green pass anche per accedere ai sacramenti. Cosa accadrà in autunno nelle parrocchie e negli oratori?
L’episodio “pilota” è raccontato da Ermes Dovico su La Nuova Bussola Quotidana il 23 luglio 2021, dove è riportato il messaggio che il sacerdote ha pubblicato (e poi rimosso) su Facebook: «Dato il diffondersi del contagio da Covid-19 esorto caldamente, soprattutto i ragazzi e i giovani, a effettuare il tampone di verifica e ad aderire alla campagna vaccinale che si terrà nei prossimi giorni. Per l’accesso in chiesa e negli spazi della parrocchia è gradito un riscontro di un tampone recente o del vaccino. Per garantire sicurezza alle persone più fragili che frequentano la Chiesa chiedo gentilmente a chi non ha intenzione nè di fare il tampone nè di vaccinarsi di astenersi dal venire in parrocchia. È carità cristiana tutelare la propria e l’altrui salute».
No, a sorprendere (se ciò oggi può ancora accadere) non sono gli accenti gravi sui “né”, ma piuttosto la totale censura dei problemi etici e medici dei vaccini anti covid. Problemi etici che nascono dall’utilizzo di linee cellulari da feti abortiti per sperimentazione e produzione, e che arrivano all’imposizione ricattatoria del vaccino in cambio di scampoli di libertà (ampia documentazione nell’archivio di “Notturno”). E problemi medici che, in modo particolare negli under 60 sani, rendono incerto il calcolo costi/benefici della vaccinazione.
Dunque, si può essere costretti a sottoporsi a vaccinazione o tampone ogni 48 ore per avere accesso alle attività della propria parrocchia, comprese le celebrazioni liturgiche? La risposta è un netto “no” e viene da “Iustitia in Veritate”, associazione da mesi impegnata nella difesa delle libertà costituzionali in tempo di pandemia. Il presidente Francesco Fontana, avvocato, ha pubblicato un comunicato nel quale si ricorda: «La richiesta di sottoporsi a un qualsiasi trattamento sanitario in modo forzoso, quali sono tamponi o vaccinazioni sperimentali anti Covid, è una pretesa del tutto illegittima, infondata e costituisce una grave violazione dei diritti inalienabili della persona».
Nessuna parrocchia, nessun sacerdote, nessun sacrestano, nessun educatore ha il diritto di accedere ai dati sensibili dei fedeli: «Tali pretese, infatti, oltre a non essere previste da alcuna legge (se non nei limitati casi di cui al D.L. 44/21 convertito in legge che costituisce già una illegittimità incostituzionale nei confronti dei soggetti a cui si rivolge), espongono pertanto qualsiasi ente privato che, senza alcun potere, decida autonomamente di ergersi a inventore di protocolli o normative inesistenti in campo sanitario, nella posizione di chi commette un abuso e al rischio di un procedimento nei loro confronti».
La reazione di fronte a chi pretende l’esibizione del green pass o di qualsiasi altra documentazione che riguardi la salute, pertanto, deve essere netta: «L’impropria e non legittima richiesta, riferendosi ad atti sanitari di natura personale e dunque protetti dalla privacy, può essere oggetto di denuncia anche penale a carico dei responsabili e di chi pretenda di trattare e detenere tali dati senza alcuna abilitazione». (Riproduzione riservata)
Per restare sintonizzato su “Notturno” clicca su “Subscribe” e iscriviti. “Notturno” vive grazie ai lettori: se ti abboni sostieni il lavoro giornalistico della newsletter e ottieni l’accesso completo all’archivio. Riceverai inoltre, ogni settimana, un contenuto riservato agli abbonati.