Green pass? “Rischio per la pace sociale”
Francia, il vescovo di Bayonne rompe il silenzio sulla campagna vaccinale: «Nessuno può essere costretto ad agire contro la propria coscienza». E pubblica una lunga lista di domande senza risposta
I vaccini attualmente in commercio contro il covid sono terapie geniche sperimentali? Sono realmente efficaci? Quali sono i loro effetti a medio e lungo termine? Perché la censura delle notizie sull’utilizzo di linee cellulari da feti abortiti per sperimentazione e produzione? Il vescovo di Bayonne – Lescar – Oloron, monsignor Marc Aillet, prende carta e penna e rompe il silenzio ecclesiastico sulla campagna vaccinale di massa in corso in Francia: «Non si tratta di negare che la sicurezza pubblica sia un elemento fondamentale del Bene comune, che lo Stato deve affrontare con determinazione, ma nessuno può essere costretto ad agire contro la propria coscienza. Perché qui è in gioco proprio la libertà di coscienza. E la coscienza deve essere libera e informata».
Il 23 luglio 2021 monsignor Aillet ha pubblicato sul sito della diocesi una lunga lettera, nella quale affronta i problemi etici, medici e politici dei vaccini anti covid, dopo aver constatato che «le restrizioni messe in atto tramite decreto o in discussione al Parlamento suscitano interrogativi in un numero notevole di persone che temono per la salvaguardia delle loro libertà».
In questi mesi, a fronte delle preoccupazioni registrate nella diocesi e nel Paese, il vescovo ha dato l’incarico all’Accademia diocesana per la vita di realizzare un grande lavoro di ricerca sui diversi aspetti della vaccinazione, «scegliendo di utilizzare soltanto informazioni verificabili, provenienti dai servizi ufficiali dello Stato francese, di altri Stati o di istituzioni internazionali». Un lavoro che ha portato alla luce numerose domande senza risposta, domande etiche, mediche e politiche, rese ancora più impellenti dall’introduzione del green pass come lasciapassare per le attività sociali, e dall’obbligo vaccinale per alcune categorie professionali.
Scrive infatti il vescovo: «Sarebbe rischioso per la pace e la coesione sociale se si instaurasse un clima di “discriminazione” tra vaccinati e non vaccinati, con l’incitamento agli uni a colpevolizzare gli altri, a marginalizzarli e a condannarli a qualcosa di simile a una morte sociale. Sia da una parte che dall’altra succede che si faccia leva sulla paura e che si cada nell’irrazionalità».
L’inchiesta realizzata con l’Accademia diocesana per la vita ha permesso a monsignor Aillet di scoprire «una massa di informazioni sull’epidemia mondiale, che affligge le popolazioni da quasi due anni, e sui mezzi adottati per fermarla, che non sempre vengono fatte conoscere al pubblico dai grandi media», ed è proprio questo che ha convinto il presule a intervenire nel dibattito pubblico: come può essere libero e informato il consenso dei pazienti se non vengono fornite loro tutte le informazioni sul trattamento che stanno per ricevere?
Il vescovo di Bayonne ha stilato così nero su bianco una serie di domande, per invitare i fedeli a mantenere un «atteggiamento interrogante»: ecco alcune delle domande che monsignor Aillet si pone e che sente fare dalla gente che incontra.
«Ci viene detto che la vaccinazione è l’unico mezzo, nella situazione attuale, per fermare l’epidemia e per raggiungere l’immunità di gregge. Ma che dire delle cure, esistenti ed efficaci, o degli altri mezzi di prevenzione, adottati per rinforzare le difese immunitarie naturali? È confermato che l’idrossiclorochina, vietata in Francia tramite decreto, è stata autorizzata in altri paesi europei? Che dire dell’ivermectina, la cui efficacia sembra essere comprovata? Che dire della libertà dei medici di prescrivere cure contro il covid-19? La parola “vaccino” risuona nell’inconscio collettivo come un progresso innegabile, che ha portato grandi benefici all’umanità. Si pensi al vaccino contro il tetano, per il quale non sempre si è trovata una cura che evitasse una morte ineluttabile. L’epidemia da covid-19 è dello stesso tipo? Il rischio di morire è lo stesso? Il tasso di mortalità è particolarmente inquietante? Il numero dei contagi fa aumentare in modo esponenziale il numero dei decessi? I vaccini proteggono contro le “varianti”? I vaccini, attualmente in commercio in Francia, sono vaccini nel vero senso della parola o sono “terapie geniche” innovative? Perché l’Agenzia Europea del Farmaco, seguita dall’Agenzia Nazionale di sicurezza del farmaco in Francia, ha accordato soltanto un’autorizzazione di immissione sul mercato “condizionata” e perché le case farmaceutiche sono state esentate dall’indennizzo per gli effetti avversi? Se la fase sperimentale 3 si concluderà, per Pfizer per esempio, solo nell’ottobre del 2023, significa forse che ci sono timori relativamente alla sicurezza del farmaco a medio o lungo termine? Effetti avversi, addirittura mortali, sono forse stati recensiti a partire dal momento dell’utilizzo di questi “vaccini”? E i medici curanti sono stati invitati ad informare i loro pazienti su questi rischi? Perché non si invoca il “principio di precauzione”, così presente nel dibattito pubblico quando si tratta di salvaguardia dell’ambiente?».
Vi sono poi i problemi etici dei vaccini, che comprendono in prima istanza l’utilizzo di linee cellulari da feti abortiti per la sperimentazione (Pfizer e Moderna) e per la produzione (AstraZeneca e Johnson&Johnson). Il vescovo Aillet richiama la Nota della Congregazione per la dottrina della fede del 21 dicembre 2020, che da sola però non risolve tutti gli interrogativi: «L’ultimo interrogativo riguarda l’utilizzo accertato, almeno per il vaccino AstraZeneca, visto che non esiste nessuna nota informativa sulla composizione degli altri tre vaccini – il che è quantomeno strano – di cellule da feti abortiti. […] L’ultimo documento in ordine cronologico, citato dalla Nota del 2020, è l’Istruzione della Congregazione per la dottrina della Fede, “Dignitas personae”, del dicembre 2008. Se la Chiesa dà ovviamente un giudizio negativo sull’utilizzo di cellule provenienti da feti abortiti nella sperimentazione e nella produzione dei vaccini, che dire della cooperazione al male degli utilizzatori di questi vaccini? È una questione etica che non si può eludere. Infine, il pass sanitario è presentato spesso sotto una luce altruistica, come un mezzo necessario per evitare che i non vaccinati contagino altre persone; ma se queste sono vaccinate, che cosa rischiano?».
Un intervento forte quello di monsignor Marc Aillet, che sorprende data la linea attendista scelta dalla Conferenza episcopale francese, ma che rientra nei suoi compiti di pastore. Confrontarsi per restare uniti, conoscere per essere liberi: «Invitandovi a non cedere alla divisione tra di noi, a evitare ogni giudizio degli uni sugli altri e a ricercare sempre la verità nella carità – conclude il vescovo –, prego il Signore di aiutarci a discernere gli atteggiamenti giusti, in vista del Bene comune e della difesa delle nostre libertà fondamentali che ne costituiscono la base». (Riproduzione riservata)
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