I social media manager diventeranno giornalisti
Annunciata la modifica delle norme per l’accesso all’albo: anche i comunicatori social potranno diventare praticanti e accedere all’esame di stato. Cosa rimane del giornalismo?
Consentire l’iscrizione all’albo dei giornalisti professionisti anche ai social media manager. È l’obiettivo annunciato durante un corso formativo per giornalisti da Angelo Luigi Baiguini, vicepresidente dell’Ordine, e rilanciato l’11 ottobre 2022 da Il Domani con un articolo di Vanessa Ricciardi. Secondo le nuove norme, alle quali l’Ordine sta lavorando proprio in queste settimane, dal 2023 anche un social media manager potrà essere assunto in una redazione con contratto da giornalista praticante e così, dopo i canonici 18 mesi di praticantato, potrà accedere all’esame di stato a Roma e diventare giornalista professionista.
«Si vuole aprire la professione a tutte le figure determinanti per le notizie», ha spiegato a Il Domani il vicepresidente dell’Ordine. Aprire la professione. Buffo. Fa tornare alla mente un movimento politico che voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. Perché la sfida più grande per il giornalismo oggi non è aprirsi a nuove figure professionali, ma riscoprire la propria vocazione originaria. Rientrare, non uscire. Ripescare la propria deontologia e tornare ad applicarla.
Il nostro vicepresidente parla giustamente della necessità di entrare nell’era multimediale, ma il giornalismo sopravvivrà a questa sfida epocale solo se saprà conservare la propria natura. Natura che è fatta di ricerca della verità, verifica delle fonti, conoscenza e applicazione della deontologia giornalistica. Poco importa se l’articolo sarà pubblicato su carta, sul web, sarà letto in televisione, in radio o registrato su un podcast: la differenza la farà la capacità di creare cronaca e critica. Un buon articolo giornalistico non teme (almeno non eccessivamente) il contenitore nel quale sarà diffuso.
Uno dei pericoli più grandi che la professione corre oggi è la trasformazione del giornalista da informatore a comunicatore. Il cronista non è più chi cerca le informazioni, le verifica, le diffonde come notizie con la cronaca e le analizza con la critica, bensì chi rilancia messaggi forniti dall’alto. Un megafono del potere, più o meno potente che sia. Il social media manager di un’azienda deve curare la comunicazione social della stessa, pertanto non agisce mosso dalla deontologia giornalistica ma dalle strategie di marketing dei propri datori di lavoro. Nulla di drammatico, nulla di immorale: è un comunicatore e comunica ciò che la sua azienda desidera. Ma è esattamente l’opposto di quello che il giornalista è chiamato a fare.
Nell’era delle mille competenze multimediali, non resisterà il giornalista che diventerà capace di fare video come un influencer, ma il giornalista che saprà verificare le notizie, discernere tra le fonti, mediare fra le pressioni, tutelare la verità e il lettore con gli strumenti offerti dalla deontologia. A chi fa comodo questo depotenziamento progressivo della figura del giornalista? (Riproduzione riservata)
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