Il cammino di don Emanuele Personeni
Il sacerdote della diocesi di Bergamo sta attraversando il Paese per incontrare parroci e fedeli. Oggi tappa a Vidigulfo, dove ha invitato: «Non trasformiamo la nostra vita in un club di eletti»
«Oggi c’è la tentazione di mollare qualcuno quando non la pensa come noi, ma così rischiamo di diventare tante isole staccate e distanti le une dalle altre. Non trasformiamo la nostra vita in un club di eletti». Parla con serena fermezza don Emanuele Personeni, già parroco della parrocchia di Ambivere e Mapello, da giorni in marcia attraverso il Paese «allo scopo di difendere i diritti umani fondamentali».
Sono le ore 15 quando il sacerdote, accompagnato da una ventina di marciatori, compare all’inizio di via Roma, la strada principale di Vidigulfo (paese in provincia di Pavia). Arriva da Landriano e proseguirà per Zeccone; l’obiettivo è arrivare a Roma, per consegnare una lettera a Papa Francesco, e continuare poi il viaggio fino in Sicilia, incontrando sacerdoti e parrocchiani di ogni chiesa che si trova lungo il cammino. Giunto davanti alla parrocchia della Natività di Maria e San Siro Vescovo, don Emanuele suona al citofono della canonica e rimane per alcuni minuti sull’uscio a parlare con don Lamberto Rossi, il parroco, al quale consegna due lettere.
Poi si sposta nella piazza della chiesa, legge un brano del Vangelo e spiega: «Anche nel punto di vista dell’altro c’è una verità, c’è qualcosa che ci può legare. Anche l’altro sta soffrendo, sta sperando, sta amando. Gli altri sono molto più simili a noi di quanto pensiamo. Gesù è tenace nel tenere con sé i propri discepoli, lo fa anche quando questi non riescono a comprendere fino in fondo la profondità del suo messaggio. Preghiamo per tutte le persone che abbiamo escluso da noi e chiediamo al Signore di aprire il nostro cuore». Al termine della riflessione, c’è la recita del Magnificat. Poi don Emanuele aggiunge: «Sono molto grato per questo splendido incontro con don Lamberto. Lui non la pensa come me, ma è stato un confronto prezioso e aperto».
Sono tante le domande per don Emanuele Personeni, ma la decisione di non rispondere ai giornalisti è irrevocabile. Non c’è alcun astio nei confronti della stampa, don Emanuele si lascia avvicinare e ascolta con disponibilità gli interrogativi, c’è però la doppia decisione di concentrare ogni energia nel cammino e di limitare la comunicazione a messaggi diretti, così da averne il controllo totale. Si avverte, nelle sue parole, la consapevolezza della delicatezza di quanto sta facendo, come la responsabilità di pesare ogni singola parola perché non venga strumentalizzata da fazioni opposte.
Antonio, che accompagna don Emanuele e lo aiuta assieme a una rete di sessanta volontari, racconta: «La generosità delle persone che incontriamo lascia senza parole. Ci sono famiglie con bambini nelle quali entrambi i genitori sono sospesi dal lavoro, non hanno i soldi per accendere il riscaldamento eppure ci offrono ospitalità o ci chiedono come fare un’offerta per altri lavoratori sospesi. Don Emanuele è stato tra i primi a lanciare una raccolta fondi per i parrocchiani che hanno perso il lavoro a causa dell’obbligo vaccinale, ogni offerta ricevuta è stata girata a famiglie in difficoltà. Tutto il viaggio è fatto in totale autofinanziamento, senza contare che molti di noi volontari sono lavoratori sospesi senza stipendio o a rischio multa in quanto over 50».
Con don Emanuele ci sono alcune persone in viaggio dalla mattina presto nonostante il freddo e la pioggia, come Enrico, insegnante di Reggio Emilia. Perché si è messo in cammino? «Perché ho ascoltato il messaggio di don Emanuele e l’ho trovato condivisibile. La nostra marcia vuole riattivare un dibattito pubblico che è stato silenziato: ci rendiamo conto che per la prima volta nella storia recente è stato impedito ai medici di curare i propri pazienti? Perché nessuno si interroga, perché nessuno chiede conto ai potenti di queste decisioni? Io stesso mi sono ammalato di covid e sono stato curato a casa dai medici delle terapie domiciliari, che non mi hanno mai lasciato solo: perché questi medici sono stati sospesi invece che premiati?».
Chi si mette in cammino vuole anche portare un messaggio di unione, come spiega Napoleone: «Don Emanuele porta un messaggio di fratellanza in una società dilaniata dal conflitto orizzontale. Ma questo conflitto è stato studiato, progettato e diffuso per indebolire i legami di solidarietà fra le persone, per renderle più sole e indifese di fronte al potere. Ci sono famiglie dilaniate, amicizie interrotte, rapporti sul lavoro sospesi: c’è l’idea stessa di comunità da ricostruire».
Il gruppo si rimette in viaggio verso Zeccone, camminando per un tratto con loro si incontra Enrica, insegnante che vive nel pavese. Perché questo silenzio della Chiesa? «Perché è più comodo così – risponde senza esitazione –. Per gli alti prelati è più facile ripetere gli slogan dettati dal potere e per i fedeli è più facile dire che stanno obbedendo all’autorità. Ma “obbedienza” non significa censurare i dubbi e spegnere i dibattiti. Che obbedienza ci può essere se la libertà di coscienza è cancellata?». (Riproduzione riservata)
Per restare sintonizzato su “Notturno” clicca su “Subscribe” e iscriviti. “Notturno” vive grazie ai lettori: se ti abboni sostieni il lavoro giornalistico della newsletter e ottieni l’accesso completo all’archivio. Riceverai inoltre, ogni settimana, un contenuto riservato agli abbonati.