Il diritto all’obiezione di coscienza
SPECIALE I problemi etici della campagna vaccinale sono stati silenziati nel dibattito pubblico italiano. L’avvocato Mottola: «Questi quesiti dovrebbero togliere il sonno a credenti e non credenti»
«Non si tratta, dunque, soltanto della coscienza – e della sua protezione – dei non credenti, i quali non possono essere obbligati al compimento di atti il cui significato contrasti con le loro convinzioni. È in causa la natura stessa dell'essere religioso, ciò che, nell'ordine civile, per l'ordinamento costituzionale può essere solo manifestazione di libertà. Qualunque atto di significato religioso, fosse pure il più doveroso dal punto di vista di una religione e delle sue istituzioni, rappresenta sempre per lo Stato esercizio della libertà dei propri cittadini: manifestazione di libertà che, come tale, non può essere oggetto di una sua prescrizione obbligante, indipendentemente dall'irrilevante circostanza che il suo contenuto sia conforme, estraneo o contrastante rispetto alla coscienza religiosa individuale. In ordine alla garanzia costituzionale della libertà di coscienza non contano, dunque, i contenuti. Credenti e non credenti si trovano perciò esattamente sullo stesso piano rispetto all'intervento prescrittivo, da parte dello Stato, di pratiche aventi significato religioso: esso è escluso comunque, in conseguenza dell'appartenenza della religione a una dimensione che non è quella dello Stato e del suo ordinamento giuridico, al quale spetta soltanto il compito di garantire le condizioni che favoriscano l'espansione della libertà di tutti e, in questo ambito, della libertà di religione».
Dall’obiezione di coscienza dei Testimoni di Geova per le trasfusioni di sangue all’obiezione di coscienza di un pacifista nei confronti del servizio militare fino all’obiezione di coscienza verso la campagna vaccinale di massa anti covid. È proprio l’obiezione di coscienza come diritto fondante di ogni democrazia degna di questo nome il cuore di un lungo articolo pubblicato su Persona & Danno dall’avvocato Maria Rita Mottola. Clicca qui per leggere la prima parte dell’articolo, pubblicata il 18 febbraio 2022. Clicca qui per leggere la seconda parte dell’articolo, pubblicata il 25 febbraio 2022.
«Non si può imporre al singolo un trattamento sanitario che ritiene sbagliato e che potrebbe danneggiarlo», ha spiegato a Notturno l’avvocato Mottola, che poche settimane fa ha presentato il primo ricorso italiano contro super green pass e obbligo vaccinale incentrato sulla libertà di coscienza. Il ricorso, che contiene una lunga citazione esplicita al dossier di Notturno su Chiesa, aborto e coscienza, parte dai problemi etici della campagna vaccinale contro il covid, quei problemi che sono stati da subito ignorati dalla comunicazione istituzionale e dall’informazione generalista. Scrive l’avvocato Mottola: «Ciò che è più grave per un credente è la manipolazione del codice della vita. Il farmaco che, è ben chiaro, non può essere chiamato vaccino, interviene fornendo messaggi al DNA umano. Quali i risultati? Quali i pericoli? Questi quesiti dovrebbero togliere il sonno anche a tutti i non credenti di buona volontà».
Il primo problema etico nasce dall’utilizzo di linee cellulari da feti abortiti per la sperimentazione dei vaccini (o cosiddetti tali) contro il covid: quale bene da una sperimentazione scientifica priva di limiti etici? Quale preoccupazione per i soggetti più fragili da vaccinare se per la fase di sperimentazione si utilizzano linee cellulari ottenute dai soggetti più fragili in assoluto, ovvero i bambini non nati? La Chiesa, come si legge nel dossier di Notturno, ha sempre lanciato l’allarme sul male celato in una scienza che ripudia l’etica e si lascia guidare da interessi economici e di potere. Si richiama qui, in estrema sintesi, il Catechismo della Chiesa Cattolica (1738):
«La libertà si esercita nei rapporti tra gli esseri umani. Ogni persona umana, creata ad immagine di Dio, ha il diritto naturale di essere riconosciuta come un essere libero e responsabile. Tutti hanno verso ciascuno il dovere di questo rispetto. Il diritto all'esercizio della libertà è un'esigenza inseparabile dalla dignità della persona umana, particolarmente in campo morale e religioso. Tale diritto deve essere civilmente riconosciuto e tutelato nei limiti del bene comune e dell'ordine pubblico».
Sempre dal CCC vanno ricordati anche i paragrafi 1795, «La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria», e 1796, «La coscienza morale è un giudizio della ragione, con il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto». L’articolo 3 della “Carta dei diritti della famiglia” (Pontificia Accademia della vita, 22 ottobre 1983): «L'aborto è una diretta violazione del diritto fondamentale alla vita dell'essere umano. Il rispetto per la dignità dell'essere umano esclude ogni manipolazione sperimentale o sfruttamento dell'embrione umano». E il discorso di papa Benedetto XVI ai partecipanti al Convegno internazionale promosso dal Pontificio consiglio per la cultura (12 novembre 2011):
«Quanti difendono la ricerca sulle cellule staminali embrionali nella speranza di raggiungere tale risultato (combattere le malattie degenerative N.d.R.) compiono il grave errore di negare il diritto inalienabile alla vita di tutti gli esseri umani dal momento del concepimento fino alla morte naturale. La distruzione perfino di una sola vita umana non si può mai giustificare nei termini del beneficio che ne potrebbe presumibilmente conseguire per un’altra».
La preoccupazione morale per questa deriva della scienza (che al metodo scientifico preferisce le strategie del marketing) può partire da una sensibilità religiosa, ma va oltre e abbraccia l’esperienza umana. È infatti profondamente umano prendersi cura dell’umano, in modo particolare dell’umano più fragile e indifeso. È profondamente umano comprendere che non può giungere alcuna promozione del bene comune da pratiche che violano i diritti fondamentali dell’umano più fragile e indifeso. Per questo i problemi etici vengono prima dei problemi medici della campagna vaccinale di massa e, forse, possono offrirne una spiegazione.
Non vale, infine, la giustificazione dell’utilizzo di due sole linee cellulari, ottenute da due aborti avvenuti negli anni ‘70. Il male non ha una data di scadenza, un’azione malvagia non diventa buona dopo un tot di anni, un male morale non cade in prescrizione. L’orrore consumatosi nei lager nazisti e nei gulag sovietici rimane come macchia indelebile nella storia umana, come fuoco malvagio che ancora oggi ferisce il mondo e cerca di riattivare le fiamme dell’odio. La propaganda, di qualsiasi colore ideologico sia e per quanto efficace possa essere, può solo cambiare temporaneamente la percezione della realtà, può solo far credere bello l’orrore, ma non può cancellarne gli effetti devastanti.
L’accettazione morale di un’azione eticamente inaccettabile, avvenuta diversi anni fa, apre alla sua reiterazione e alla sua diffusione nella contemporaneità. Già, infatti, le pressioni delle case farmaceutiche spingono per una deregolamentazione completa, già gli scandali di colossi quali Planned Parenthood lasciano intravedere un mondo nascosto e terribile, già le istituzioni sembrano mostrare totale sudditanza alle esigenze delle multinazionali del farmaco. L’ingresso nel dibattito pubblico dei problemi etici della campagna vaccinale non è più posticipabile. (Riproduzione riservata)
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