Il tweet della discordia
Cosa succede quando una proposta palesemente incostituzionale diventa pienamente credibile? Resoconto di un esperimento sociale e proposta per uscire dall’emergenza
«La priorità per l'autunno 2021 dovrebbe essere la protezione dei vaccinati, che rischiano di essere infettati dai non vaccinati. Pertanto, credo sia doveroso proporre una zona rossa per tutti i #novax. Spesa, Messa e passeggiata in giardino. Stop. #obblighiamoli».
Il tweet, pubblicato il 4 luglio 2021 alle 18.54, ha superato le 50mila visualizzazioni, è stato ripreso da un’europarlamentare e da un consigliere regionale, e ha raccolto sotto di sé quasi 300 messaggi negativi.
Nonostante i miei lettori della prima ora avessero immediatamente colto l’ironia, il tweet ha continuato (e continua) a girare, espletando la sua funzione originaria: essere un piccolo strappo nel cielo di carta. Il vero problema, infatti, lo ha evidenziato Francesca Donato, europarlamentare Lega: «Un tweet come questo dovrebbe essere compreso nella sua palese ironia. Invece, nel clima attuale, viene preso sul serio».
Com’è possibile che oggi migliaia di utenti considerino credibile, e dunque degno di rabbia, un tweet nel quale si viola palesemente la Costituzione sulla base di dati scientifici inesistenti? Quanto in avanti si è spostata la percezione comune della logica, delle premesse che un sillogismo deve avere per portare a una conclusione vera?
Certo, il tweet è stato scritto in modo volutamente verosimile, evitando qualsiasi iperbole. Enzo Pennetta, ideatore del sito Critica Scientifica, ha commentato: «Il vero successo del tweet è proprio di essere stato credibile». E credibile lo è stato per centinaia di utenti, tra i quali il consigliere regionale del Lazio M5S Davide Barillari, che ha scritto: «Guarda che il nazismo lo abbiamo già sconfitto una volta». Come lui, tantissimi utenti hanno sottolineato l’impronta illiberale. Che, innegabilmente, c’è.
Il problema di fondo è che il tweet è stato scritto traendo ispirazione da quelli di esperti, di grandi firme, di politici e influencer. Dell’intellighenzia che conta insomma. Pertanto, l’idea che la Costituzione (già “la più bella del mondo”) possa essere stracciata in nome di «una vaccinomania non supportata da dati scientifici» (qui la citazione è del professor Paolo Bellavite), non è così assurda.
La pandemia è diventata un campo minato, nel quale le parole sono armi da utilizzare contro il nemico. Questo clima, che non ha nulla di casuale, esaspera gli animi facendo leva sulla paura e sulla stanchezza. Porta a reagire d’istinto, con rabbia, senza approfondire. Sarebbe bastato infatti aprire il profilo Twitter o il blog o la newsletter per riconoscere immediatamente l’ironia, ma l’ira cieca fa comodo perché crea divisione e sospetto.
Nasce da qui l’eterna contrapposizione fra provax e novax, che in realtà andrebbe definita fra proquestovax e noquestovax, o con altre varianti che mi sono state suggerite ma non sono qui ripetibili. La strategia comunicativa impone di semplificare all’estremo: chi nutre dei dubbi sul vaccino anti covid-19 è un novax, ossia uno che rifiuta qualsiasi vaccino. Magari pure un negazionista, ma la Shoah non c’entra, ormai si nega solo il covid. In parole povere, un nemico, un egoista, un essere asociale, perché si rifiuta di compiere un gesto (farsi inoculare un vaccino) che serve a proteggere le persone più fragili.
Come ciò avviene? Non è dato saperlo, perché la narrazione è più forte della realtà. Perché ogni dubbio, etico e medico, viene censurato come la più pericolosa delle eresie, con un atteggiamento dogmatico che non ha nulla da invidiare al tribunale della Santa Inquisizione.
Cosa ci salverà? Uno Spritz al tramonto. In presenza, occhi negli occhi, chiacchiere sulle chiacchiere, sorrisi davanti a sorrisi. Nulla moltiplica le possibilità di incomprensione come una comunicazione indiretta, virtuale, nulla consente l’accesso alle ragioni dell’altro come una comunicazione diretta, in presenza. Non ci sono solo le parole, c’è la voce, c’è lo sguardo, c’è la postura, c’è il contesto.
C’è la possibilità, come ha spiegato Emmanuel Lévinas, di assaporare Totalità e Infinito. E allora quella sera, quando ci si incontrerà al tramonto, con la televisione semplice soprammobile silenzioso, con i social disattivati, ci sarà modo di ritrovare la realtà. Nelle parole e nei gesti, nei profumi e nei colori, senza filtri né link. Un solo imperativo categorico: relazioni.
«Noi chiamiamo volto il modo con cui si presenta l’Altro. Questo modo non consiste nell’assumere, di fronte al mio sguardo, la figura di un tema, nel mostrarsi come un insieme di qualità che formano un’immagine. Il volto dell’Altro distrugge ad ogni istante e oltrepassa l’immagine plastica che mi lascia. […] La vera natura del volto, il suo segreto, sta altrove: nella domanda che mi rivolge, domanda che è al contempo una richiesta di aiuto e una minaccia». (Emmanuel Lévinas, 1906-1995)
(Riproduzione riservata)
Per restare sintonizzato su “Notturno” clicca su “Subscribe” e iscriviti. “Notturno” vive grazie ai lettori: se ti abboni sostieni il lavoro giornalistico della newsletter e ottieni l’accesso completo all’archivio. Riceverai inoltre, ogni settimana, un contenuto riservato agli abbonati.