Il vescovo di Pavia: “Non sono i corsi sull’affettività che educano”
Nell’omelia del pontificale per la solennità di San Siro monsignor Corrado Sanguineti ha lanciato l’allarme: «C’è un accesso alla pornografia senza limiti che inquina la mente e il cuore»
«Non è un buon segno moltiplicare nella scuola o in altri luoghi di formazione “corsi” specifici per temi differenti (corsi contro il bullismo, contro le dipendenze, per l’ecologia, per l’affettività e la sessualità), come se bastasse l’informazione a formare, perché in realtà chi insegna, chi educa, dovrebbe comunicare nella normalità del suo lavoro e nella relazione con i ragazzi uno sguardo fiducioso verso la realtà, favorendo lo sviluppo di un’umanità aperta al buono, al bello e al vero, curiosa e intelligente nell’incontro con la vita e il mondo». Così monsignor Corrado Sanguineti, vescovo di Pavia, durante il pontificale per la solennità di San Siro, patrono della città e della diocesi. Il messaggio alla città del vescovo è stato incentrato sull’educazione e ha fatto riferimento anche ad alcuni recenti casi di cronaca nera.
«Come Chiesa che cerca di condividere la vita della gente, anche nelle nostre città e paesi, come cristiani, abbiamo qualcosa di originale da dire e da proporre, entrando in un dialogo e in un confronto con chi ha a cuore il bene e il futuro dei nostri ragazzi e giovani – ha chiesto monsignor Sanguineti –? O dobbiamo limitarci a riecheggiare le opinioni comuni, ripetendo ovvietà o accogliendo in modo acritico giudizi e valutazioni, che, talvolta, sanno d’ideologia e di schema imposto sulla realtà?».
Fondamentale in campo educativo è il bagaglio di esperienze nate, cresciute e ancora oggi operanti in ambito ecclesiale: «La comunità cristiana ha una storia ricca di cammini educativi, nonostante ombre e limiti, da sempre si dedica alla crescita delle giovani generazioni e ha generato figure bellissime di educatori e educatrici, anche nella nostra Chiesa di Pavia: pensiamo a Santa Benedetta Cambiagio Frassinello alla metà dell’Ottocento e in tempi più vicini a noi al Servo di Dio Don Enzo Boschetti».
Alla luce dei fatti di cronaca nera che hanno segnato le pagine dei quotidiani negli ultimi mesi e di una mentalità individualista e relativista sempre più diffusa tra i giovani, il vescovo di Pavia propone una strada diversa: «Lo sguardo che Gesù introduce nella vita dell’uomo e della donna comunica il senso della dignità e della bellezza del corpo, degli affetti, dei gesti sessuali, vissuti nella verità di una relazione definitiva e totale, aperta al dono della vita. Occorre parlare di questi temi delicati e profondi, intercettando le domande che hanno i nostri ragazzi, ma che talvolta nascondono, magari per vergogna, per adeguarsi al “gruppo”, per non sembrare strani: siamo chiamati a entrare in ascolto e in dialogo con le giovani generazioni, e nei percorsi formativi che cerchiamo di realizzare nei nostri ambienti, non abbiamo timore di riscoprire il significato vero e umanizzante della castità, che non è rinuncia e privazione, ma è strada per imparare un amore bello e liberante, pieno di tenerezza, di attesa, di rispetto».
Alle origini degli abusi, ha spiegato il vescovo di Pavia, non c’è «un presunto dominio del modello “patriarcale”», bensì «un modo squallido e violento di vivere la sessualità». Così monsignor Sanguineti: «C’è un accesso alla pornografia senza limiti. Ci sono preadolescenti e adolescenti che si scambiano immagini sessualmente esplicite, o addirittura si vendono su chat e social, nell’assenza di ogni giudizio morale, magari per riempire il vuoto e la solitudine di una vita dove nessuno li sa guardare per la grandezza del loro cuore. Ciò che può far maturare nel loro vissuto una vera educazione alla bellezza e alla verità dell’amare, non è la proposta astratta di valori e di comportamenti corretti, ma è una compagnia alla loro vita, attraverso l’incontro con giovani e adulti che stanno con loro, che condividono tempi ed esperienze belle di servizio, di fraternità, di preghiera e che diventano amici grandi ai quali i ragazzi guardano, con cui si confidano: un punto di chiarezza e di certezza per i nostri amici più piccoli, in cui confusa e impetuosa vibra la voglia di vivere».
Vi è infine, ha ricordato il vescovo di Pavia, una generalizzata consuetudine a negare l’esistenza del peccato, a «ridurre tutto a fragilità o condizionamento ambientale, psicologico, familiare, a ricondurre comportamenti oscuri e violenti a cause sociali, culturali o ad antecedenti biografici, a esperienze negative del passato». Esiste anche il mistero del male, ha ribadito monsignor Sanguineti, e solo da questo riconoscimento può arrivare la speranza della redenzione: «In ogni cammino educativo all’altezza dell’umano, ci deve essere insieme al riconoscimento del male e della drammatica possibilità del male, uno sguardo che non riduce mai il soggetto al male che ha compiuto, che sa vedere sempre una possibilità di ripresa, che sa offrire un amore che accoglie, corregge e perdona, un amore che riapre un cammino». (Riproduzione riservata)
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Bellissimo discorso! Fossero tutti così i ns vescovi. Questo andrebbe detto ai genitori, alle famiglie ed ai vari educatori che si occupano dei nostri ragazzi, x una nuova generazione, sanata con i valori puramente e semplicemente cristiani. Grazie Giacomo, buon lavoro!