La tutela dei fragili alla prova dei fatti
Respinto il ricorso di Heidi Crowter e Máire Lea-Wilson contro la legge inglese che permette l’aborto fino alla nascita in caso di disabilità. La battaglia di Heidi ci riguarda tutti
Il 25 novembre 2022 la Corte d’appello inglese ha rigettato il ricorso di Heidi Crowter e di Máire Lea-Wilson contro il Governo in merito a una sezione dell’Abortion Act. Ne ha dato notizia Hayley Clarke, della Bbc, il giorno stesso. La legge, promulgata nel 1967, consente l’aborto fino al momento della nascita in caso di disabilità del feto. Nel luglio del 2021 le due querelanti si sono rivolte ai giudici dell’Alta Corte per denunciare quella che definiscono una legislazione discriminatoria che giustifica la soppressione di vite umane in base a una ipotetica qualità di vita. I giudici dell’Alta Corte, a fine settembre 2021, hanno respinto la richiesta di modificare la legge, lo stesso hanno fatto il 25 novembre scorso i giudici della Corte d’appello, ma le querelanti non si arrendono. Poco dopo la sentenza d’appello, fuori dal tribunale Heidi Crowter ha annunciato: «Continuerò a lottare perché abbiamo già informato e cambiato i cuori e le menti e cambiato le opinioni della gente sulla legge».
Il sorriso e la determinazione di Heidi Crowter (vedi l’intervista realizzata da Ivor Bennet per Sky News) lasciano senza parole. Questa ragazza porta il peso di una battaglia etica che riguarda il futuro di milioni di persone nel mondo, perché pone ai Governi le domande basilari sul senso della vita. La prima: con quale diritto uno Stato decide che una vita è degna di essere vissuta e un’altra no? Se la vita da “bene indisponibile” diventa “bene a disposizione del potere”, quale limite all’eugenetica? Quale limite all’eutanasia imposta ai fragili perché considerati un costo per la società? C’è un legame indissolubile fra eugenetica e dittatura, fra perversione del potere ed eliminazione, prima sociale e poi fisica, delle persone fragili. E chi decide cosa significa fragilità? E fino a che livello di fragilità è possibile imporre la morte? Dopo aver osservato, non senza sconcerto, la permeabilità delle istituzioni tradizionali a pressioni economiche e di potere esterne, a chi ci si potrà appellare per chiedere che venga rispettato il diritto alla vita di ogni persona?
Heidi Crowter ha la Sindrome di Down, notizia che (in uno Stato democratico e civile) dovrebbe avere la stessa rilevanza del colore dei capelli ma che suscita una riflessione se ci si prova a calare nei suoi panni: lei combatte contro una legge che potenzialmente avrebbe potuto impedirle di nascere. Le parole dei giudici e degli esperti inglesi sono parole sulla sua vita, sono giudizi sul suo futuro e su quello di chissà quante altre persone nel mondo. Sono sentenze di morte per persone fragili o considerate fragili secondo gli standard contemporanei. Sono sentenze per tutti, perché pensare di progettare una vita senza sofferenza e senza dolore è solo l’ultimo inganno di qualche apprendista stregone. La stampa mainstream italiana non pare interessata a dare notizia della battaglia legale di Heidi Crowter e di Máire Lea-Wilson, eppure sono queste le storie che aiutano a monitorare lo stato di salute di una democrazia. (Riproduzione riservata)
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