L’accusa all’ospedale cattolico: “Non hanno rianimato nostra figlia”
IL FATTO Scott e Cindy Schara contro il St. Elizabeth Hospital: la figlia Grace, 19 anni, sarebbe stata trattata con un mix letale di farmaci in quanto paziente con disabilità e non vaccinata
«Abbiamo chiesto, abbiamo urlato al personale sanitario di aiutare nostra figlia, ma loro avevano già classificato Grace come DNR (“Do Not Resuscitate”), ovvero come paziente da non rianimare». Sono molto determinati Scott e Cindy Schara, i genitori di Grace Schara, ragazza di 19 anni deceduta il 13 ottobre 2021 al St. Elizabeth Hospital, ospedale cattolico del Wisconsin. Secondo la famiglia, Grace sarebbe stata uccisa dall’ospedale in quanto ragazza con disabilità e non vaccinata contro il covid: in questo modo, essendo classificata come “decesso covid”, l’ospedale avrebbe ottenuto risarcimenti maggiori rispetto a quelli previsti in caso di guarigione e dimissione.
L’ospedale si è rifiutato sia di incontrare privatamente Scott e Cindy, sia di commentare pubblicamente la vicenda. Alla famiglia è stato offerto un risarcimento economico di 9mila dollari, che Cindy Schara ha rifiutato commentando: «Non vogliamo i loro soldi sporchi». La prima testata giornalistica a rilanciare l’appello della famiglia Schara è stata The Epoch Times, con un articolo di Matt McGregor pubblicato il 13 febbraio 2022.
Il St. Elizabeth Hospital fa parte del gruppo “Ascension”, una rete di strutture che sul proprio sito ufficiale si presenta così: «In qualità di uno dei principali sistemi sanitari cattolici e senza scopo di lucro negli Stati Uniti, Ascension si impegna a fornire cure compassionevoli e personalizzate a tutti, con particolare attenzione alle persone che vivono in povertà e alle persone più vulnerabili». Così il 6 ottobre 2021, cinque giorni dopo essere risultata positiva sintomatica al covid, Grace viene ricoverata presso la struttura con sede ad Appleton.
Da subito, la famiglia riscontra difficoltà: «Non volevano farci stare in camera con lei – racconta Scott Schara –, solo dopo una lunga battaglia io e Jessica, la sorella maggiore di Grace, abbiamo ottenuto il permesso di rimanere. I medici continuavano a criticare il fatto che Grace non fosse vaccinata contro il covid e che i primi giorni dei sintomi fosse stata curata seguendo i protocolli delle terapie domiciliari». Essendo presente in camera con Grace, Scott nota anche altri dettagli che lo fanno preoccupare: «I medici volevano attaccarla a un ventilatore che l’aiutasse a respirare, ma basavano questa decisione su misurazioni del livello di ossigeno nel sangue imprecise, fatte con un misuratore fallato».
Quasi ogni giorno a Scott e Jessica viene chiesto se acconsentono ad attaccare Grace al ventilatore, ma loro si oppongono e chiedono invece di misurare con più attenzione l’ossigeno nel sangue e di applicare le cure. Le loro richieste cadono puntualmente nel vuoto. A sorprendere negativamente la famiglia è anche l’insistenza dei sanitari nel segnalare che Grace ha la Sindrome di Down, condizione che non avrebbe dovuto influire in alcun modo sulle cure offerte. Anche questo dettaglio, unito agli interessi economici per pazienti covid, ha contribuito a far nascere dubbi nella famiglia: se Grace fosse stata vaccinata contro il covid e non avesse avuto alcuna disabilità, avrebbe avuto lo stesso trattamento? Perché un ospedale cattolico senza scopo di lucro insiste così tanto nell’etichettare una propria paziente e si rifiuta di ascoltare le richieste della famiglia?
Il 13 ottobre mattina a Jessica viene detto di andare pure a casa a farsi una doccia e a riposarsi un po’ con la famiglia, indicazione giudicata strana da Scott e Cindy in quanto i protocolli anti covid su ingressi e uscite dall’ospedale erano molto severi; mentre la ragazza è via, a Grace viene somministrato un mix di farmaci. Morfina, Lorazepam e Precedex: i genitori, pur non essendo medici, leggono i vari foglietti illustrativi e si spaventano, perché vi è indicato esplicitamente che non possono essere somministrati contemporaneamente, ma il personale sanitario non fornisce ulteriori spiegazioni. Con il passare delle ore la situazione peggiora, Grace lamenta un freddo anomalo, inizia a perdere conoscenza. La famiglia chiede aiuto a medici e infermieri, nessuno si muove.
Alle ore 19.27 Grace muore davanti ai propri genitori impotenti. Nonostante le numerose, disperate richieste di aiuto dei genitori, le uniche risposte che ottengono dal personale dell’ospedale sono: «Lei è una DNR». Grace è una paziente da non rianimare. La famiglia si è rivolta a medici e avvocati per fare luce su quanto accaduto, vuole che venga riconosciuta la grave negligenza della struttura e vuole che la stampa inizi a indagare sui protocolli covid governativi, che secondo la loro esperienza renderebbero più conveniente per l’ospedale il decesso del paziente piuttosto che l’attivazione di cure.
Scott Schara, inoltre, aveva contratto il covid alcuni mesi prima in una forma molto più aggressiva rispetto alla figlia, ma era stato ricoverato al St. Vincent Hospital di Green Bay dove, al posto di sedativi e farmaci per l’ansia, aveva ricevuto vitamine e integratori. La famiglia di Grace ha aperto un sito, Our Amazing Grace, attraverso il quale diffonde la propria esperienza e chiede aiuto affinché sia fatta giustizia per Grace e nessun altro paziente debba subire ciò che ha subito lei. (Riproduzione riservata)
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