Laura Pausini non canta “Bella ciao”
IL COMMENTO La cantante, ospite di una trasmissione spagnola, si rifiuta di intonare la canzone perché «politica» e sui social si scatena l’odio. La narrazione dominante non ammette diserzioni
Laura Pausini è finita nell’occhio del ciclone mediatico perché, ospite di una trasmissione spagnola (“El Hermiguero”), si è rifiutata di cantare “Bella ciao”, in quanto «canzone politica». Sono passate poche ore e sui social, in modo particolare su Twitter, si è scatenata la tempesta: come ha osato la cantante italiana più famosa all’estero dire di “no” a chi le chiedeva di intonare a cappella il canto della libertà per antonomasia?
È curioso, perché in questo tempo di libertà di pensiero solo apparente anche una star solitamente amica della narrazione dominante rischia grosso. Hai rilasciato dichiarazioni politicamente corrette sulla legalizzazione della cannabis, sulle adozioni per le coppie dello stesso sesso, sull’ambiente minacciato dall’uomo? Bene, ma non benissimo. Perché la narrazione dominante è una piovra affamata di servitù, che non concede mai tregua. L’ultima frase, l’ultima canzone, l’ultima bandiera arcobaleno sventolata sul palco non basta già più. Il pensiero unico chiede nuovi atti pubblici di adesione a una narrazione che «non ammette sottotitoli», per citare la cantante di Solarolo.
“Bella ciao” è stata trasformata volutamente in una canzone politica, è stata resa colonna sonora di varie manifestazioni geneticamente legate alla sinistra, dalla Festa dell’Unità al Pride. La canzone è stata poi intonata addirittura nei cortei dei Fridays For Future, per ricordare all’uomo che è colpa sua se la Terra soffre. Insomma, “Bella ciao” è stata strumentalizzata con un atteggiamento tipico di parte della politica italiana, capace di raccogliere puzzle dalla realtà e trasformarli in bandierine da agitare in nome della libertà, della solidarietà, e via discorrendo. Bene ha fatto Laura Pausini a non intonare “Bella ciao” se in quel momento non le andava di farlo, bene ha fatto se ritiene che la connotazione data a questa canzone negli ultimi anni trascenda il messaggio antifascista con il quale è stata originariamente composta.
La vicenda però, con l’incontrollabile odio che si sta riversando sui social in queste ore contro la cantante, mette in guardia i tanti paladini della narrazione dominante: farsi promotori del pensiero unico è un lavoro full-time. Non sono previste deviazioni dal percorso. Se ci saranno, saranno punite ancora peggio di quanto vengono puniti quotidianamente i personaggi pubblici che si rifiutano da sempre di rilanciare gli slogan ciclostilati in proprio dal potere. Attenzione, insomma, perché quando la libertà di pensiero è solo una scenografia di cartone, c'è sempre uno strappo nel cielo di carta dietro l'angolo. (Riproduzione riservata)
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