Leone XIV, il Papa amico di Agostino
Dalla Loggia delle Benedizioni, con la veste papale, il pontefice ha ricordato al mondo: «Siamo tutti nelle mani di Dio». Come il vescovo d’Ippona, Robert Prevost è chiamato a difendere e a restaurare
«Il Male non prevarrà. Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede». Sono state uno slancio di trascendenza le prime parole di Leone XIV. Alle ore 18.07 l’inaspettata fumata bianca, alle 19.13 l’annuncio del cardinale protodiacono Dominique Mamberti, alle 19.23 il primo saluto dalla Loggia delle Benedizioni. Robert Francis Prevost, classe 1955, già Generale dell’ordine degli agostiniani, prefetto del Dicastero per i vescovi e presidente della Pontificia commissione per l'America Latina, è il 267mo pontefice della Chiesa cattolica, primo Papa statunitense. Ha scelto un nome imponente nella storia del papato, si è presentato sulla Loggia vestito da Papa, ha salutato i fedeli da Papa, ha parlato di Cristo, ha fatto recitare l’Ave Maria e ha impartito la sua prima benedizione “Urbi et Orbi”, con la concessione dell’indulgenza plenaria.
Fin dalla prima apparizione pubblica papa Leone XIV ha afferrato il timone della Barca di Pietro, tenendo alta la bussola. Perché la bussola della Chiesa è Cristo, «il mondo ha bisogno della Sua luce, l’umanità necessita di Lui come ponte per essere raggiunta da Dio e dal Suo amore». E questo non è un dettaglio di poco conto. I commentatori hanno subito posto l’accento sul tema della pace. Ospite dello speciale Porta a Porta – Tg1, Agnese Pini (direttore responsabile QN – Il Giorno – Il Resto del Carlino), ha detto: «Non solo perché è scontato che un Papa parli di pace, di cos'altro dovrebbe parlare?, ma anche...». È solo un inciso, ma rivela che per molti il Papa è il presidente di una onlus, forse la onlus più grande che ci sia. Concezione che negli ultimi dodici anni è nata e si è rafforzata via via fino a scolpirsi persino nella mente di molti cattolici.
Ma la pace di cui ha parlato Leone XIV è la pace portata da Cristo e, come ricordava papa Benedetto XVI, per realizzare questa pace occorre (ri)mettere al centro della società Dio e la legge naturale. Non bastano le parole buone, non basta un generico rispetto (che finisce con l’essere distribuito sulla base di etichette ideologiche distribuite dal potere), non basta essere buoni cittadini per portare la pace.
La mozzetta rossa, la stola e la croce pettorale dorata indossate da papa Leone XIV non sono ostentazione di ricchezza, bensì simboli carichi di significato. Indossandoli, il pontefice si presenta come pastore supremo della Chiesa, pronto a dare la vita per il gregge, come vescovo di Roma e come vicario di Cristo in Terra. La veste papale non indica la statura morale del cardinale eletto, richiama invece il mondo (e chi la indossa) alla grazia e alla responsabilità del ministero petrino.
Papa Leone XIV è amico di Sant’Agostino, chi scrive ha avuto il piacere di ascoltarlo più volte a Pavia, nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, dove ha predicato davanti all’urna contenente le spoglie mortali del Santo, Padre e Dottore della Chiesa. Il vescovo d’Ippona è stato un uomo inquieto, desideroso di trovare Dio e conoscerlo sempre di più. È stato un uomo che ha vissuto profondamente la propria umanità, conoscendone gli abissi e le cime più elevate. È stato anche un vescovo in prima linea contro le eresie, ha combattuto battaglie furibonde (con la forza della predicazione) con un unico obiettivo: la salvezza eterna delle anime. E questa ricchezza non può non contagiare il pontefice agostiniano, che forse tornerà presto a Pavia per rendere omaggio all’amato Agostino.
Ci sarà tempo per osservare, discernere, approfondire, ma oggi la Chiesa è in festa perché la sede non è più vacante. Habemus Papam. (Riproduzione riservata)
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