“L'uomo ha il diritto di agire in coscienza e libertà”
Vaccini: la Congregazione per la dottrina della fede ricorda l’obiezione di coscienza per chi rifiuta vaccini sperimentati e prodotti con linee cellulari da feti abortiti. Tutta la documentazione
Il decreto legge 111 del 6 agosto 2021 non riconosce l’obiezione di coscienza. La Nota della Congregazione per la dottrina della fede del 21 dicembre 2020 però ricorda che: «La vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale e, perciò, deve essere volontaria». E ancora: «In assenza di altri mezzi per arrestare o anche solo per prevenire l’epidemia, (si) può raccomandare la vaccinazione, specialmente a tutela dei più deboli ed esposti. Coloro che, comunque, per motivi di coscienza, rifiutano i vaccini prodotti con linee cellulari procedenti da feti abortiti, devono adoperarsi per evitare, con altri mezzi profilattici e comportamenti idonei, di divenire veicoli di trasmissione dell’agente infettivo». Chi ha a cuore la difesa della vita (e la libertà) è dunque senza strumenti? No.
Per sostenere la necessità di un obbligo vaccinale (e dell’esibizione del green pass) si parla della vaccinazione come di un atto di amore nei confronti del prossimo, come un dovere etico volto a tutelare le persone più fragili. Non solo, però, le persone fragili che lo desideravano hanno già potuto ricevere la doppia dose, ma l’idea stessa di tutela degli altri con questi vaccini non ha alcun fondamento scientifico.
Ansa Salute&Benessere, il 4 agosto 2021, scrive: «La diffusione della variante Delta minaccia le strategie vaccinali che mirano all'immunità di gregge contro il Sars-cov-2. Tra i vaccinati e non vaccinati che sviluppano l'infezione, infatti, è stata rilevata la stessa carica virale. A evidenziarlo è un articolo pubblicato sul British Medical Journal (Bmj) relativo ai dati emersi da un recente focolaio verificatosi nel Massachusetts. In sostanza, la vaccinazione anche se rimane altamente protettiva, potrebbe non essere sufficiente da sola per fermare la diffusione della variante delta. I test condotti dal 3 al 17 luglio tra i residenti del Massachusetts durante un'epidemia a Provincetown, un noto luogo di vacanza negli Stati Uniti, hanno rilevato infatti che il 75% delle persone infette era completamente vaccinato. "Tra i vaccinati con infezione, la difficoltà di rilevare il virus nei tamponi nasali (valore di soglia del ciclo) era quasi identica a quella osservata nei non vaccinati. Questa scoperta suggerisce che entrambi i gruppi hanno la stessa carica virale e hanno la stessa probabilità di trasmettere le loro infezioni, hanno avvertito i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC)"».
La tesi secondo cui la vaccinazione sarebbe un atto di amore verso il prossimo presenta dunque diverse fragilità: un individuo non può essere costretto a mettere in pericolo la propria salute in vista di un ipotetico beneficio della salute collettiva. Se il vaccino dà solo benefici a chi lo riceve non si vede l’altruismo nell’azione, se il vaccino espone a rischi gravi chi lo riceve allora si tratta di martirio, ma il campo è un altro. L’atto d’amore deve essere libero e consapevole, l’atto d’amore non deve comprendere atti eticamente inaccettabili come sperimentazioni illecite su linee cellulari da feti abortiti. L’atto d’amore, infine, deve essere efficace, dunque il vaccino che la persona sceglie liberamente di farsi inoculare per proteggere se stessa e gli altri deve effettivamente proteggere gli altri. Questa protezione, ad oggi, non può essere garantita, e i dati che giungono da Paesi molto più avanti dell’Italia con la vaccinazione mostrano una situazione non rassicurante: pochi giorni fa il premier israeliano Naftali Bennett ha ammesso che «dopo cinque mesi dalla seconda dose le persone non sono più protette». Non esistono dati certi però neanche sui primi cinque mesi di cosiddetta copertura.