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Moby Prince, 34 anni di silenzio radio
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Moby Prince, 34 anni di silenzio radio

SPECIALE La notte del 10 aprile 1991, nella rada del porto di Livorno, si consumava la tragedia: 140 i morti. I familiari delle vittime: «Siamo stati buttati dentro un tritacarne, ma non ci fermiamo»

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Giacomo Bertoni
apr 10, 2025
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Le fiamme che si specchiano nel mare, il crepitio del fuoco che tutto divora, i soccorsi che non arrivano. A due miglia e mezzo dal porto di Livorno «sta avvenendo la più grave tragedia della marineria italiana in tempo di pace». Una tragedia che oggi, giovedì 10 aprile 2025, è ancora senza responsabili. È mercoledì 10 aprile 1991, l'orologio segna le 22.03, la Moby Prince lascia il porto di Livorno in direzione Olbia, Sardegna. Il traghetto, «nave ammiraglia della flotta “Navarma Lines”, può ospitare fino a 1590 persone e può trasportare fino a 360 veicoli». Oltre alle cabine, il traghetto offre ai passeggeri «due boutique per lo shopping, un ristorante, un self-service, una sala videogames e due sale con poltrone reclinabili per chi preferisce una sistemazione più economica rispetto alle cabine». La sera del 10 aprile 1991 la Moby Prince «lascia Livorno con a bordo 66 marittimi, 75 passeggeri e 31 tra vetture al seguito e mezzi commerciali, almeno per quanto ufficialmente riferito dall’Autorità Marittima».

Pochi passeggeri, poche automobili, operazioni di imbarco concluse nei tempi previsti, mare tranquillo: la diciannovesima traversata della stagione si prospetta poco impegnativa per i membri dell'equipaggio. «A bordo si respira un’aria rilassata, quell’aria di festa che accompagna ogni partenza di un traghetto verso le vacanze». Se l'atmosfera sul traghetto è tranquilla, vi è però qualcosa di misterioso nella rada del porto di Livorno: «Ferme all’ancora nella rada del porto ci sono diverse navi. Almeno cinque di queste sono navi militarizzate Nato cariche di armamenti e munizioni, appena rientrate dal Golfo Persico. Poi è presente un mercantile che trasporta granaglie, diversi pescherecci intenti a battute di pesca, una gasiera norvegese ed infine due grosse petroliere italiane della Snam».

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