Monsignor Zenti: “No all’obiezione di coscienza”
Il vescovo di Verona scrive al clero diocesano: «Vaccinatevi, nessuno può appellarsi all’obiezione di coscienza». Ma dimentica la posizione della Chiesa sul tema, che riconosce il “no” ai vaccini
«Nessuno può appellarsi all’obiezione di coscienza, per il fatto che all’origine della sperimentazione siano state usate cellule di feti abortiti (cosa che non fa onore alla scienza)». Così scrive il vescovo di Verona in una lettera (ripresa da L’Arena poche ore fa), con la quale invita il clero diocesano alla vaccinazione contro il covid.
Le parole di monsignor Giuseppe Zenti si scontrano però con la Nota 21/12/20 della Congregazione per la dottrina della fede, che riconosce l’obiezione di coscienza per i vaccini contaminati dall’aborto. Nel documento si legge: «Appare evidente alla ragione pratica che la vaccinazione non è, di norma, un obbligo morale e che, perciò, deve essere volontaria».
E ancora: «Coloro che, comunque, per motivi di coscienza, rifiutano i vaccini prodotti con linee cellulari procedenti da feti abortiti, devono adoperarsi per evitare, con altri mezzi profilattici e comportamenti idonei, di divenire veicoli di trasmissione dell’agente infettivo».
Molti vescovi, in Europa e in America, si sono espressi ricordando il valore dell’obiezione di coscienza (vedi archivio Notturno), come una delle colonne portanti di qualsiasi società democratica. Tutti i documenti precedenti della Chiesa (vedi archivio Notturno), inoltre, ribadiscono un netto “no” all’aborto e a qualsiasi sperimentazione sui bambini non nati. Perché il dibattito in Italia è stato censurato fin dall’inizio?
Volendo fare un passo ulteriore, va segnalato che, nonostante il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, l’ultimo documento della Chiesa sul tema (Nota, non Istruzione) presenta un elemento potenzialmente pericoloso. L’introduzione del concetto di “cooperazione remota” per un tema così delicato apre alla sua applicazione indiscriminata in tutti i campi, sia legati ai valori non negoziabili, sia legati a temi tanto cari alle cronache quali l’ecologia. Se la mia responsabilità vale solo quando io compio oggi un atto, allora nessuna battaglia per i valori ha più senso.
Perché rifiutare l’acquisto di scarpe prodotte sfruttando bambini? Non sono certo stati sfruttati dall’acquirente finale. Perché rifiutare una pelliccia? Non è certo chi la indossa che ha scuoiato gli animali. Perché rifiutare una legge che promuove l’eutanasia per i soggetti fragili? Non è certo il cittadino che poi va materialmente a fare le iniezioni. L’elenco può continuare all’infinito.
Sono due parole, “cooperazione” e “remota”, che possono ribaltare duemila anni di storia cristiana. E sorprende come tanti colleghi, che da anni scrivono di Chiesa, fingano di ignorarne la portata. Quale libertà senza tutte le notizie? Quale consenso libero e informato senza una adeguata comprensione della complessità del reale? (Riproduzione riservata)
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