Obiezione di coscienza, il ricorso
ESCLUSIVA L’avvocato Mottola contro l’obbligo vaccinale: «Non si può imporre al singolo un trattamento sanitario che ritiene sbagliato e che potrebbe danneggiarlo». Citato il dossier di Notturno
«L’obbligo di vaccinazione contro il covid presenta gravi problemi costituzionali, etici e medici. La possibilità di esercitare l’obiezione di coscienza è un principio fondante del vivere sociale». Parte da qui il ricorso d’urgenza presentato al tribunale di Vercelli da Maria Rita Mottola, avvocato, assistita e difesa da Barbara Musti, avvocato del Foro di Torino, contro il Ministero della Giustizia e la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il ricorso parte dall’obbligo di esibizione del cosiddetto super green pass, obbligo esteso anche agli avvocati over 50 per accedere ai tribunali, ma si apre al tema della libertà di coscienza, «diritto fondamentale dell’uomo». E contiene una citazione al dossier sull’obiezione di coscienza pubblicato mesi fa proprio su Notturno.
La libertà di coscienza è riconosciuta e tutelata dalla Costituzione, come ricorda una sentenza della Corte costituzionale (C. Cost., 19 dicembre 1991, n.334) citata nel ricorso: «In altri termini, poiché la coscienza individuale ha rilievo costituzionale quale principio creativo che rende possibile la realtà delle libertà fondamentali dell'uomo e quale regno delle virtualità di espressione dei diritti inviolabili del singolo nella vita di relazione, essa gode di una protezione costituzionale commisurata alla necessità che quelle libertà e quei diritti non risultino irragionevolmente compressi nelle loro possibilità di manifestazione e di svolgimento a causa di preclusioni o di impedimenti ingiustificatamente posti alle potenzialità di determinazione della coscienza medesima». Ed è proprio la libertà di coscienza a pretendere risposta alle troppe domande inascoltate dall’inizio della campagna vaccinale di massa.
Il vaccino è stato presentato come un atto d’amore, come un gesto altruistico: «Tutto ciò non ha senso – spiega Maria Rita Mottola, avvocato – e non ha né basi etiche né mediche. Se la vaccinazione è un atto d’amore, perché le pressioni su vita sociale e lavoro? Se la vaccinazione è un obbligo, allora dove sono le basi scientifiche? Non esiste alcun super diritto all’incolumità pubblica, la Costituzione designa l’individuo come fulcro della società: è l’uomo al centro. L’uomo, dunque, non può essere costretto a ricevere un trattamento che ritiene sbagliato per sé».
I vaccini anti covid attualmente in commercio, inoltre, si ricorda ancora nel ricorso, non sono in grado di fermare la diffusione del contagio, garantiscono solamente una protezione (non è dato sapere quanto duratura) al vaccinato rispetto ai sintomi gravi del covid. Anche le persone vaccinate si contagiano e contagiano, anche le persone vaccinate possono avere sintomi gravi o morire a causa del covid, pertanto non esiste alcun obbligo morale a ricevere la vaccinazione come protezione per gli altri.
Vi è poi il consenso libero e informato: «Che non è libero, in quanto se non firmi perdi la vita sociale e puoi perdere il lavoro – ricorda Mottola –, e non è neanche informato, in quanto Pfizer non ha reso pubblici i dati raccolti durante la sperimentazione. La FDA ha chiesto ad un giudice federale del Texas 55 anni di tempo per rilasciare completamente i dati in suo possesso sull’autorizzazione del vaccino anti Covid della Pfizer. Il Giudice federale del Texas ha disposto che vengano rilasciate 55.000 pagine al mese. È evidente che ad oggi nemmeno gli scienziati conoscono i dati relativi alla sperimentazione e ai reali componenti del farmaco». Anche la Corte europea dei diritti dell’uomo è intervenuta sul tema, affermando (Ricorso n. 302/02, 10 giugno 2010): «Nel campo dell’assistenza sanitaria, anche nei casi in cui il rifiuto di una particolare cura potrebbe condurre a un esito fatale, l’imposizione di un trattamento sanitario senza il consenso del paziente adulto e capace di intendere e volere interferirebbe con il diritto di quest’ultimo all’integrità fisica, e violerebbe i diritti protetti dall’Articolo 8 della Convenzione».
Il ricorso affronta poi i problemi etici di questi vaccini, come l’utilizzo di linee cellulari da feti abortiti per sperimentazione (Pfizer e Moderna) e produzione (AstraZeneca e Johnson&Johnson), e la carenza di informazioni sugli effetti a medio e lungo termine che potrebbe avere l’introduzione nell’organismo delle informazioni genetiche del virus. Quali effetti può avere la manipolazione del DNA? Quale bene comune da una ricerca scientifica priva di limiti etici? Nel ricorso è citato esplicitamente il dossier sull’obiezione di coscienza per farmaci contaminati dall’aborto realizzato per Notturno e qui pubblicato il 24 agosto 2021. Il dossier ripercorre il Magistero della Chiesa cattolica e riprende i principali interventi in tema di aborto e sperimentazione scientifica: il “no” a ogni tipo di sperimentazione sui bambini non nati è netto, così come è ricorrente il richiamo alla non disponibilità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale.
«Occorre riportare le domande di senso nel dibattito pubblico – dice l’avvocato Mottola –. Qual è il limite che io mi do nell’intervenire sulla vita umana? Se io mi arrogo il diritto di manipolare la vita, utilizzando le linee cellulari prima e manipolando il DNA poi, quali saranno le conseguenze?». Esiste una obiezione di coscienza basata sull’incostituzionalità dei provvedimenti presi dal Governo, esiste una obiezione di coscienza basata sull’assenza di evidenze scientifiche che garantiscono sicurezza ed efficacia dei vaccini in commercio, ed esiste anche una obiezione di coscienza che si fonda su convinzioni religiose. Si legge ancora nel ricorso: «L’obiezione di coscienza fondata su convinzioni religiose deve essere considerato un diritto fondamentale della persona ma anche un pilastro dell’ordinamento di uno Stato di diritto laico che, appunto, si fonda sulla libertà in senso positivo – di poter tenere una certa condotta richiamata dalla fede religiosa di appartenenza o sentita come “giusta” dalla propria coscienza - e in senso negativo – di non fare ciò che la fede religiosa o la propria coscienza non riconosce come lecito».
Non esiste dunque, nel campo dei valori non negoziabili, il compromesso: «Se io accetto una eccezione a un principio fondante per la mia coscienza – conclude Maria Rita Mottola –, poi ne accetterò mille. Se permetto una prima azione malvagia, quale argine rimane alle successive?». (Riproduzione riservata)
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