Papa Benedetto XVI, un anziano e distinto signore
Dalla visita a Pavia nel 2007 alle dimissioni che cambiarono la storia della Chiesa: un ricordo del pontefice che ha tenuto il timone della barca di Pietro nelle acque più tempestose
«Cari giovani, non abbiate paura di donare la vostra esistenza a Cristo: Egli non delude mai le nostre attese, perché sa che cosa c'è nel nostro cuore. Seguendolo con fedeltà non sarà difficile per voi trovare la risposta alle domande che portate nell'animo: "Che cosa debbo fare? Quale compito mi attende nella vita?". La Chiesa, che ha bisogno del vostro impegno per recare specialmente ai vostri coetanei l'annuncio evangelico, vi sostiene nel cammino di conoscenza della fede e dell'amore per Dio e per i fratelli. La società, che in questo nostro tempo è segnata da innumerevoli mutamenti sociali, attende il vostro apporto per costruire una comune convivenza meno egoista e più solidale, realmente animata dai grandi ideali della giustizia, della libertà e della pace».
È sabato 21 aprile 2007, papa Benedetto XVI arriva a Pavia in una piazza Duomo stracolma di giovani (chi scrive era là, appoggiato alle transenne in difesa di un posto guadagnato ore prima). Accolto dal vescovo, monsignor Giovanni Giudici, papa Ratzinger dà il via alla parte pavese della sua visita pastorale a Vigevano e Pavia. Il pontefice è stanco, ma non ammette cambi di programma: vuole fermarsi a salutare i giovani e lo fa. E c’è una cosa che sorprende fin dal passaggio sulla Papamobile: la dolcezza del sorriso. Un Papa presentato dai media come austero, rigido, freddo, è in realtà un anziano e distinto signore, con gli occhi che brillano di fronte alla marea di giovani. Un uomo che ha desiderato a lungo questo viaggio a Pavia per incontrare l’amato sant’Agostino, il cui pensiero ha a lungo studiato e meditato.
Ad Agostino dedica l’omelia della Messa celebrata il giorno successivo agli Orti del Collegio Borromeo, un’omelia dall’elevatissimo spessore teologico e filosofico. Oggi papa Benedetto XVI è tornato alla Casa del Padre, all’età di 95 anni. E il ricordo non può che tornare a quell’incontro pavese, alla camminata leggera di un anziano e distinto signore, che ha lasciato una firma indelebile nella storia della Chiesa. La memoria corre poi all’11 febbraio 2013, alla televisione accesa su RaiNews24, alla collega Giovanna Chirri (Ansa) che per prima tradusse il discorso in latino del pontefice e si rese conto di avere tra le mani una delle notizie più esplosive del secolo.
Papa Benedetto XVI è stato un gigante della fede e del pensiero, celato dietro le vesti di un anziano e distinto signore. È stato il vero progressista della Chiesa, l’unico capace di immaginare la rotta della barca di Pietro nelle acque agitate del Terzo Millennio, al di là delle semplificazioni giornalistiche che lo mettevano in contrapposizione con il cardinal Carlo Maria Martini.
Papa Benedetto XVI ha rimesso al centro del dibattito pubblico i principi non negoziabili, ribadendo che nessun diritto è al sicuro se la dignità della vita umana viene calpestata, e ha rimesso al centro della Chiesa la fede (da rileggere la lettera apostolica in forma di motu proprio “Porta fidei”), con la convinzione che la prima missione deve essere l’evangelizzazione e tutte le meritorie opere sociali ne sono una diretta ma secondaria derivazione.
Papa Benedetto XVI ha smosso la terra attorno alle radici cristiane dell’Europa, indicando un terreno comune sul quale costruire il futuro di un continente stanco. E ha incarnato la perfetta sintesi fra Fede e Ragione, dimostrando come una sterminata cultura e una brillante vivacità filosofica trovano nella spiritualità cristiana un nuovo motore. La fede nobilita le domande di senso, accresce il desiderio di conoscenza, giustifica l’inquietudine dell’uomo di fronte al mistero della vita. Perché tanto odio contro la fede? Perché rende la vita un’inesauribile ricerca. E la ricerca pretende sempre verità, fino alla Verità.
Il cammino terreno di papa Benedetto XVI si interrompe alla soglia del nuovo anno, così il pontefice emerito, il primo pontefice emerito della storia, si ferma davanti a una strada nuova ancora tutta da percorrere. E di fronte alla paura dell’ignoto sembra di rivedere quel sorriso dolce conosciuto il 21 aprile del 2007. Un sorriso che rassicura, che rimane sereno nonostante i terremoti dell’odio contro la fede, che scuotono la Chiesa anche dall’interno.
In questo giorno triste è bello rileggere l’omelia del 24 aprile 2005, la prima omelia da pontefice di Joseph Ratzinger: «In questo momento il mio ricordo ritorna al 22 ottobre 1978, quando Papa Giovanni Paolo II iniziò il suo ministero qui sulla Piazza di San Pietro. Ancora, e continuamente, mi risuonano nelle orecchie le sue parole di allora: “Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!” Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo, i quali avevano paura che Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere, se lo avessero lasciato entrare e concesso la libertà alla fede. Sì, egli avrebbe certamente portato via loro qualcosa: il dominio della corruzione, dello stravolgimento del diritto, dell’arbitrio. Ma non avrebbe portato via nulla di ciò che appartiene alla libertà dell’uomo, alla sua dignità, all’edificazione di una società giusta. Il Papa parlava inoltre a tutti gli uomini, soprattutto ai giovani. Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a Lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? Ed ancora una volta il Papa voleva dire: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! Solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita. Amen». (Riproduzione riservata)
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