Problemi etici dei vaccini? Vietato parlarne
L’ANALISI La giornalista Costanza Miriano con un articolo prende posizione contro l’obbligo vaccinale: «Viola la libertà di coscienza e la libertà religiosa». Ciò che l’odio social non può censurare
«Bisogna rispettare le coscienze di coloro che si oppongono al trarre vantaggio da un male, non si può essere obbligati a questo, e la Chiesa deve dirlo, gridarlo ai quattro venti». Potevano forse, queste parole di Costanza Miriano, non generare il caos? Il 1° gennaio 2022 la giornalista ha pubblicato sul proprio blog personale un lungo articolo di commento a una questione che i lettori di Notturno conoscono bene: i problemi etici dei vaccini anti covid attualmente in commercio. Ciò che Costanza Miriano sottolinea è semplice: quale bene comune? Quale bene comune da case farmaceutiche che ammettono, approvano e promuovono l’utilizzo di linee cellulari da feti abortiti per sperimentazione e produzione dei vaccini? Quale bene comune dalla censura del problema nel dibattito pubblico? Quale bene comune dall’imposizione, tramite pressioni e ricatti, di un trattamento sanitario non etico, la cui sicurezza è ancora da valutare e la cui efficacia vacilla sotto il peso dei dati (o quantomeno vacilla la narrazione con la quale il trattamento è stato presentato all’opinione pubblica)?
Domande che, come segnalato dalla giornalista stessa oggi con un nuovo articolo, hanno suscitato una feroce levata di scudi: «Molte persone che si occupano di bioetica mi hanno corretto più o meno (soprattutto meno) fraternamente su come l’utilizzo degli embrioni umani venga coinvolto nella produzione di vaccini». A scatenare l’ira dell’intellighenzia che conta una frase in particolare, presente nel primo articolo: «La linea cellulare utilizzata si chiama HEK293. E davvero i laboratori di tutto il mondo si passano di mano in mano quelle due sole catene cellulari, sempre le stesse, dagli anni ’70? Posso permettermi di dire che ne dubito fortemente?».
Costanza Miriano ha toccato un tasto che i giornalisti (soprattutto in Italia) non hanno il diritto di toccare: il mercato dei tessuti fetali. Di tutto si può scrivere, oggi sembra consentito anche diffondere i dati sensibili delle persone ricoverate in ospedale (in barba alla Carta di Perugia e alla Carta di Treviso), ma l’utilizzo di materiale fetale da parte delle multinazionali farmaceutiche e cosmetiche è davvero troppo.
È davvero irrispettoso dare notizia degli scandali che riguardano Planned Parenthood, multinazionale degli aborti, che ha sostenuto pubblicamente la campagna elettorale di Hillary Clinton e preme affinché la possibilità di abortire sia estesa fino a nove mesi. È davvero irrispettoso dare notizia dell’inchiesta realizzata dal Center for Medical Progress (CMP), secondo la quale i cadaveri dei bambini abortiti ogni giorno nelle cliniche PP sarebbero poi venduti a caro prezzo alle case farmaceutiche per offrire tessuti fetali freschi sui quali sperimentare e coi quali produrre nuovi farmaci. È davvero irrispettoso dare notizia della Nota 21 dicembre 2020 della Congregazione per la dottrina della fede, documento peraltro già superato dalla realtà, che riconosce l’obiezione di coscienza per vaccini contaminati dall’aborto e ne ammette l’utilizzo solo a precise condizioni. È davvero irrispettoso dare notizia del dibattito etico nato in America e in Francia, per fare solo due esempi, con vescovi che si sono schierati pubblicamente a fianco dei cattolici firmando esenzioni per motivi religiosi e con giudici che hanno riconosciuto illecito il licenziamento di chi rifiuta vaccini contaminati dall’aborto (tutte queste notizie sono presenti nell’archivio di Notturno).
C’è un problema etico nella sperimentazione e nella produzione farmaceutica (e cosmetica). C’è un problema etico nella censura di un dibattito senza il quale il consenso dei cittadini non può essere né libero né informato. C’è un problema etico nel violare la libertà di coscienza dei cittadini, limitandola con un’informazione parziale e calpestandola con il ricatto. Non esiste libertà senza informazione. Non esiste giornalismo senza tutte le notizie, anche (e soprattutto) quelle scomode. Non esiste democrazia senza dibattito plurale. Di fronte ai nuovi attacchi e alle nuove censure ritorna la domanda: quale bene comune? (Riproduzione riservata)
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