Quando la comunicazione distrugge
La terribile storia di Sant’Angelo Lodigiano conferma che il dibattito pubblico è iperstimolato, spezzato tra un giornalismo privo di deontologia e una schiera di autoproclamatisi “debunker”
Quando il giornalismo disconosce la propria deontologia professionale trasforma il dibattito pubblico in una giungla. È accaduto ancora una volta con la tragica vicenda di Giovanna Pedretta, la ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano: prima presentata come un’eroina su tutti i giornali per una storia forse inventata, poi pressata per convincerla a rivelare la verità, infine trovata morta sulle rive del Lambro. Una macchina comunicativa, errato chiamarla informativa, che tutto brama e tutto distrugge. Si appropria di ogni storia per manipolarla, per rivenderla a un’opinione pubblica in perenne crisi adolescenziale, sempre bisognosa di stimoli forti, di meme, di grasse risate e di lacrime esposte.
Il 12 gennaio un telegiornale corre a intervistare una donna, la presenta come la salvatrice dell’umanità, il 13 gennaio lo stesso telegiornale ritorna dalla stessa donna e la bracca, la presenta come cinica ingannatrice, il 14 gennaio i profili social del telegiornale rimuovono il video dell’intervista “dura”. La storia della recensione coraggiosa era falsa? Molto probabilmente sì. Ma era chiaro fin dall’inizio, fin dal primo sguardo allo screenshot virale: perché trasformare una storiella social senza capo né coda in un caso nazionale?
Il giornalismo che rinuncia a fare giornalismo apre inoltre le porte agli autoproclamatisi “debunker”, sulla carta instancabili ricercatori di verità mossi da passione e sincero impegno civile, pronti a tutto pur di dipanare le ombre sociali. Persone dalla storia professionale assente, o completamente estranea al giornalismo, che si infilano nelle vicende della cronaca (senza deontologia) alla ricerca (disperata) della visibilità o nella speranza di ingraziarsi il padrone del vapore.
Il cittadino iperstimolato coglie frammenti di storie diverse e crede di farsi un’opinione, in realtà dà forma a un pensiero preconfezionato, da grande distribuzione. Totalmente errato, da un punto di vista deontologico, utilizzare una storia inventata per rilanciare la narrazione dominante. Altrettanto sbagliato, anche da un punto di vista umano, distruggere con tale furia un personaggio incuranti della persona che c’è dietro. Una persona totalmente impreparata a gestire un’esposizione mediatica simile. Qualcuno ha mai visto i giornalisti all’inseguimento di Albert Bourla? Qualcuno ha mai letto i debunker critici sulle veline del governo Draghi? Qualcuno ha mai trovato sulle prime pagine dei giornali in edicola editoriali critici su Davos?
Si oscilla tra un giornalismo assente, ridotto a ufficio stampa temporaneo di ogni storia potenzialmente utile al politicamente corretto, e un fantomatico “giornalismo” d’inchiesta che brucia castelli di carta costruiti sull’assenza del giornalismo deontologico. La vicenda di Sant’Angelo Lodigiano, di fronte alla quale rimangono solo il silenzio e la preghiera, imporrebbe uno stop in nome dell’umano. Perché questa comunicazione può solo distruggere. (Riproduzione riservata)
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