Rosa Russo Iervolino sta bene. Il giornalismo?
La morte dell’ex esponente della Democrazia Cristiana era una bufala, ed è stata smentita dalla diretta interessata. Le principali testate giornalistiche italiane però l’avevano diffusa come notizia
«Sul web girava la notizia della morte». È questa la giustificazione che diverse testate giornalistiche stanno utilizzando per scusarsi di aver rilanciato la bufala della morte di Rosa Russo Iervolino, già ministro, già sindaco di Napoli ed esponente della DC fino al 1994. L’informazione falsa ha iniziato a circolare su alcuni siti stamattina ed è stata ripresa dalle edizioni online dei principali giornali. Anche il Corriere della Sera, il più importante giornale italiano, ha diffuso la bufala della morte di Rosa Russo Iervolino. In serata scrive: «Il figlio ha smentito la notizia della morte», ma i lettori giustamente si chiedono come mai il Corsera non abbia sentito il figlio prima di pubblicare l’articolo.
Premessa: c’è solo un giornalista che non sbaglia mai, ed è quello che invece di scrivere articoli gioca al solitario. Chi lavora, chi ogni giorno confeziona più di un articolo, magari anche per testate diverse, può sbagliare. Così come accade a qualsiasi altro professionista. Stavolta però l’errore è più grave, perché certifica un metodo deontologicamente sbagliato. Siamo nel 2022: oggi tra le fonti di un giornalista c’è anche il web, ma la rivoluzione tecnologica non ha cancellato le regole di questa professione. Quando all’orecchio del giornalista giunge un’informazione (non importa che la fonte sia una persona o un sito), la prima cosa da fare è sempre e solo una: verificare. Verificare. E ancora una volta verificare. Andare sul posto di persona, quando possibile, confrontare le fonti, ascoltare altri resoconti, e via dicendo. Solo al termine di questo lungo (e invisibile) processo il giornalista può stabilire se ha tra le mani un’informazione debole, una bufala o una notizia. E solo se ha tra le mani una notizia il giornalista può (e deve) diffonderla.
Le scuse per la diffusione della bufala su Rosa Russo Iervolino sono l’ammissione pubblica di un metodo viziato che da tempo si diffonde nelle redazioni, in modo particolare in quelle italiane: esce un’informazione? Copia e incolla. Arriva una velina? Copia e incolla. Circola sui social una storia? Copia e incolla. La corsa allo scoop, tutta da ridisegnare nell’epoca di internet, e la caccia all’ultimo clic, squallida per giornali dalla storia centenaria, non possono mai giustificare la cancellazione dell’attività di verifica. Questa professione trova fondamento proprio lì, in quel connubio delicato di sensazioni, capacità e competenze che consentono di trovare, verificare e diffondere la verità. Se crolla questo, crolla la categoria. (Riproduzione riservata)