Severus Piton: “Sempre”
In “Harry Potter e i Doni della Morte” è raccontata la battaglia finale fra Bene e Male. J. K. Rowling alza il velo sulla storia del professore di Pozioni: non esistono solo eroi e Mangiamorte
«Ma, alla fine, Severus Piton è buono o cattivo?». Così mi scrive un amico che sta seguendo la maratona Harry Potter per la prima volta (a furia di insistere, prima o poi tutti cedono). È rimasto subito affascinato da questa figura che potremmo definire “smaccatamente antipatica eppure”. Perché c’è un “eppure” in Severus Piton, un “eppure” scritto nell’ultimo capitolo della saga, che cambia le carte in tavola. Solo leggendo tutti e sette i libri si può dare lineamenti meno nebbiosi alla personalità di Severus, un uomo che ha sofferto molto, un uomo non immune all’odio né al desiderio di vendetta, eppure capace di sublimare rancore e rabbia e delusione per un Bene superiore. Lungo la strada della lettura della saga si vive assieme a Harry lo smarrimento tipico dell’adolescenza, quando i propri punti di riferimento cambiano e si scoprono macchie in chi si considerava eroe e sprazzi di luce in chi si considerava dannato.
È il caso di James Potter, mago brillante e coraggioso, che ha amato profondamente suo figlio Harry e sua moglie Lily (si è sacrificato per cercare di salvarli), ma che non è mai stato tenero con Severus Piton. Durante gli anni di studio a Hogwarts, James si è comportato più volte da bullo arrogante nei confronti di Severus, e non ci sono scusanti per questo comportamento. Nemmeno Sirius Black è mai stato tenero con Piton, la tensione si coglie anche negli ultimi incontri fra i due, e non ci sono dubbi: questi atteggiamenti hanno lasciato tracce nel futuro docente di Hogwarts.
In Severus, infatti, la ferita rimane aperta tutta la vita. Non c’è modo di rimarginare la doppia perdita di Lily, prima per il matrimonio con James e poi per la morte causata da Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Eppure, nonostante questo rancore sordo che gli abita nel cuore, Alan Rickman è riuscito a rendere perfettamente nei film il tormento dell’anima, Severus Piton sceglie la strada più difficile. La sua presenza nell’Ordine della Fenice è una delle più scomode e pericolose, anche se lo si scoprirà solo alla fine. Severus non riesce mai a liberarsi pienamente dalla rabbia per i torti subiti, eppure si incammina per il sentiero che lo porta a difendere Harry, il figlio dell’amata Lily e dell’odiato James.
Severus Piton si fida e si affida ad Albus Silente (altro personaggio con il quale la penna di J. K. Rowling non smette per una pagina di stupire il lettore) e affronta per lui sfide strazianti. Basti pensare a quel «Severus, ti prego», sussurrato da Silente sulla Torre di Astronomia. Gli ultimi atti di Piton sono una redenzione? Sì. Sono la redenzione perfetta, la scelta eticamente più giusta? No. Anche se J. K. Rowling svela indirettamente l’esito della Maledizione Senza Perdono scagliata dal professore di Pozioni sulla Torre, rimane qualcosa di grigio nella vicenda, si avverte la mancanza di un “no” ancora più netto al Male.
Severus Piton non è buono, Severus Piton non è cattivo. Semplicemente, Severus è un uomo, forse proprio nell’accezione che utilizza Oriana Fallaci (mi si perdoni l’ardito parallelismo) per descrivere Alekos Panagulis. Nel celebre romanzo “Un uomo”, Oriana racconta la storia di un uomo, appunto. È un eroe? Impossibile negarlo, scoprendo le sue gesta e i soprusi sopportati. Ma è e rimane un uomo, con molti lati oscuri, con gesti che provocano persino repulsione e sconcerto. Ha scelto di combattere per la libertà, ma quante volte sceglie di aggrovigliarsi nell’autodistruzione. Quante volte perde l’equilibrio tra la propria libertà personale e la libertà del popolo greco, che ama e disprezza allo stesso tempo.
Severus Piton è un uomo. Conserva nel cuore tracce di Bene e tracce di Male e sceglie il Bene. Non per questo trova la pace, e basta osservare come si comporta con Harry a Hogwarts per rendersene conto. Severus, quasi come Alekos, cammina accanto alla felicità. Ma non la vede. Chi legge le loro vite non può fare a meno di scaldarsi, di gridare al libro: «Fermati! La felicità è lì, oltre quel bivio, come puoi non vederla? Un passo in più, ne basta uno solo, hai già fatto tantissimo, l’ultimo sforzo!».
L’ultimo passo, quello per la propria realizzazione piena di uomo, non arriva mai. Eppure, quando arriva il momento di «scegliere fra ciò che è giusto e ciò che è facile», Severus riconosce il Bene, e fa la scelta che lo salva. La grandezza di Severus è nella sua umanità, che è anche nostra. (Approfondimento di un articolo pubblicato sul blog “Il parco di Giacomo” sabato 26 dicembre 2020 – Riproduzione riservata)
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