Vince il giornalismo, non perde solo l’Inpgi
La cassa previdenziale querela il blog “Giustiziami” chiedendo 75mila euro. Alessandro Galimberti, Odg Lombardia: «Atto intimidatorio da parte di chi sostiene di difendere i giornalisti»
Un articolo di cronaca scomodo, una querela temeraria, quattro anni di battaglia giudiziaria, l’assoluzione dei giornalisti perché hanno scritto «la verità oggettiva del fatto».
Potrebbe essere una delle tante, troppe storie di querele temerarie che dal 2008 Ossigeno per l’informazione verifica e documenta, ma questa volta a querelare i giornalisti (chiedendo loro 75mila euro di risarcimento) è l’Inpgi, la cassa previdenziale dei giornalisti.
Tutto ha inizio nel 2018, come raccontano Manuela D’Alessandro e Frank Cimini, giornalisti, autori del blog “Giustiziami”: «La sera del giugno 2018 ci vediamo recapitare via posta una richiesta di risarcimento per danni quantificati in 50mila euro più una sanzione pecuniaria da 25mila euro per diffamazione dell’ente in persona. Settantacinquemila euro per avere posto dei dubbi. Potete immaginare lo sgomento di fronte a quella somma».
Inizia così una lunga battaglia giudiziaria, alla quale i due giornalisti non si sottraggono neanche quando: «i legali dell’Inpgi, ora presieduto da Marina Macelloni, in sede di mediazione ci hanno chiesto una somma simbolica come via d’uscita. Abbiamo detto no dichiarando al mediatore che andavamo avanti perché la vicenda non riguardava solo noi ma il diritto di cronaca».
Una vicenda surreale, perché i due giornalisti si sono ritrovati a combattere contro un avversario inimmaginabile. Contro il fuoco più amico possibile. Una vicenda, dunque, che rileva da subito un grave problema interno alla categoria: quale ruolo per il sindacato? Oltre le manifestazioni di piazza e i proclami per la libertà di stampa, cosa avviene nel concreto in difesa dei giornalisti italiani? La cassa previdenziale dei giornalisti è infatti «di diretta derivazione sindacale», come ricorda oggi l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia in una nota.
Vi si legge: «Sarebbe la storia di una delle tante “querele temerarie” a lieto fine, per le quali il sindacato Fnsi scende in piazza (e giustamente) ogni settimana, se non fosse che questa volta a promuovere la fastidiosissima azione civile contro Frank Cimini – storica firma del Palazzo di giustizia di Milano – e Manuela D’Alessandro – esperta cronista dell’Agi – è stata l’Inpgi, la cassa previdenziale dei giornalisti italiani di diretta derivazione sindacale, l’organismo garante dell’autonomia e dell’indipendenza professionale, come recitano ogni dì i suoi dirigenti».
Duro il commento di Alessandro Galimberti, presidente dell’OdG lombardo, da subito in prima linea in difesa dei due colleghi: «L’Inpgi ‘casa dei giornalisti italiani’, come piace autodefinirsi ai suoi rappresentanti, ha tenuto per quattro anni due bravi e onesti colleghi in ostaggio di un processo che non doveva farsi e che smentisce in un colpo solo tutta la retorica sindacale sulla difesa dei cronisti e della loro indipendenza. In realtà i fatti dimostrano che questi rappresentanti della categoria aspirano solo ad avere una stampa allineata, e silente quando è richiesto».
Da anni l’Inpgi vive una profonda crisi economica, specchio dell’ancor più grave crisi che il giornalismo italiano affronta. L’ultimo bilancio della cassa segna un rosso di oltre 250 milioni di euro: il commissariamento è dietro l’angolo (vedi archivio “Notturno”). Il sindacato ha sempre detto “no” a qualsiasi tentativo di fusione nell’Inps, perché questo potrebbe danneggiare l’indipendenza della stampa. Indipendenza minacciata ogni giorno da pressioni, intimidazioni e querele temerarie ai danni dei cronisti. (Riproduzione riservata)
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