Caso Khelif, il dibattito nebbioso
Paolo Gulisano: «Sbagliato parlare di “persona transessuale”, è una donna con problemi ormonali». J. K. Rowling: «Siamo indignati perché abbiamo visto un uomo prendere a pugni una donna»
Il caso di Imane Khelif sta suscitando un grande dibattito in tutto il mondo, in particolare nei Paesi dove l’ideologia gender ha già mostrato i propri frutti maturi (vedi America e Inghilterra). In Italia, patria dell’atleta Angela Carini, la sfidante che ha scelto di ritirarsi dopo 46 secondi sul ring, il confronto è diventato una guerra, ideologica e politica. Con sorpresa, anche dal mondo cattolico conservatore si levano voci nebbiose. È il caso di Paolo Gulisano, medico, che il 2 agosto 2024 ha pubblicato un contributo sul blog di Aldo Maria Valli intitolato “Caso Khelif: quando una buona causa usa armi sbagliate”. Scrive Gulisano: «Chi sta sostenendo che si tratti di un trans ha scagliato la freccia fuori bersaglio. Imane è una persona che si trova in condizioni fisiche che attualmente, e nello sport che pratica, le danno un indubbio vantaggio, ma che nel corso della sua vita potrebbero causarle diversi problemi, primo fra tutti la sterilità. Le persone che stanno cavalcando questo caso in buona fede, per contrastare la subcultura gender fluid, devono però sapere che non fa bene a tale causa buttarsi a capofitto e con livore a parlare di “atleta transgender”, anche perché i media progressisti se ne usciranno con un bel fact checking e li accuseranno di disinformazione transfobica».
Tralasciando la cosiddetta “controinformazione”, che è semplice lato b della narrazione dominante (c’è sempre una canzone dall’altro lato del disco), va ricordato che di “atleta transgender” hanno parlato le principali testate giornalistiche internazionali. Detto questo, la prima risposta a Paolo Gulisano la dà J. K. Rowling, che scrive: «The idea that those objecting to a male punching a female in the name of sport are objecting because they believe Khelif to be ‘trans’ is a joke. We object because we saw a male punching a female». Dice l’autrice: «Ci opponiamo perché abbiamo visto un maschio prendere a pugni una femmina». Ed è questa la linea tenuta da diversi autori, giornalisti, sportivi e medici in particolare inglesi e americani.
Queste voci dicono attenzione, nei nostri Paesi gli uomini stanno minacciando seriamente i diritti fondamentali delle donne: affermando di “sentirsi donne” ottengono l’accesso agli spogliatoi femminili, gareggiano nello sport contro atlete donne, fanno avanzamenti di carriera, addirittura alcuni uomini violenti arrestati e condannati hanno chiesto di essere rinchiusi in carceri femminili. Tutto questo non è avvenuto di colpo, da un giorno all’altro, ma è il risultato di una manipolazione dell’opinione pubblica sottile e continuativa. Si è partiti dalla retorica dell’inclusione, dal caso estremo della patologia ormonale, dall’importanza di accettare tutti, fino ad arrivare alla criminalizzazione del dissenso. J. K. Rowling, che da anni si batte in difesa delle donne, riceve costantemente minacce di morte, insulti, delegittimazioni. Sono state organizzate anche pesanti campagne di boicottaggio contro tutto ciò che è legato al Wizarding World.
Da un punto di vista della pura cronaca, è necessario sospendere il giudizio: non vi sono fonti certe sul sesso di Imane Khelif, il suo team non ha smentito le voci che hanno fatto il giro dei giornali. Una delle informazioni più probabili afferma che la squalifica del 2023 dalla competizione organizzata dall'International Boxing Association (Iba) sarebbe avvenuta dopo aver riscontrato la presenza di cromosomi maschili nel Dna di Imane Khelif. Anche da qui l’allarme della Rowling e di decine e decine di personalità del mondo della cultura, dell’informazione, della medicina e dello sport: attenzione ai casi particolarissimi. Perché è dai casi particolarissimi, ammesso che Imane Khelif lo sia davvero, che spesso la narrazione dominante riesce a imporre la propria ideologia sulla realtà.
Queste sono le Olimpiadi della scenetta blasfema sull’Ultima Cena, della Senna magicamente non più inquinata, degli alloggi per le delegazioni senza aria condizionata e senza cibo adatto, degli atleti Lgbtq+ che si baciano in favore di telecamera, dei nuotatori che mostrano lo smalto al termine della gara, di Tom Daley che porta con sé il compagno e il bambino ottenuto con l’utero in affitto. Ecco il contesto nel quale improvvisamente compaiono Imane Khelif e Lin-Yu-Ting (per non dimenticare l’atleta che ieri ha lasciato la propria avversaria tumefatta e in lacrime). E allora le strade sono tre. O Imane Khelif e Lin-Yu-Ting sono donne con fisico e forza maschile a causa di problemi ormonali, e per questo non possono affrontare le atlete donne. O sono transessuali, ovvero uomini che dicono di sentirsi donne, e per questo devono gareggiare contro gli uomini. Oppure sono uomini (secondo Umar Kremlev, presidente dell’Iba, nel 2023 Khelif «stava cercando di ingannare le sue colleghe e fingersi donna»), e per questo devono gareggiare contro gli uomini.
Pensare che ci sia buona fede, che ci sia sincero interesse per la salute, che ci sia impegno in difesa dei diritti delle donne (veri soggetti deboli in questo momento), è estremamente pericoloso. (Riproduzione riservata)