In difesa di J. K. Rowling, sul New York Times
Il più importante quotidiano del mondo ospita un articolo che analizza la campagna d’odio contro la creatrice di “Harry Potter”. Anni di minacce e insulti con l’accusa (falsa) di essere "transfobica"
«È spaventoso resistere ai bulli, i lettori di “Harry Potter” lo sanno bene». Anche J. K. Rowling, che la saga del giovane maghetto l’ha scritta, sa bene cosa significhi subire bullismo, perché da anni riceve minacce, insulti e boicottaggi con l’accusa di essere “transfobica”. Il 16 febbraio 2023 Pamela Paul ha pubblicato un editoriale sul New York Times intitolato “In Defense of J.K. Rowling”, nel quale ripercorre una delle campagne di delegittimazione più odiose degli ultimi anni.
Tutto ha avuto inizio nel 2019, quando la scrittrice ha preso pubblicamente posizione in difesa di Maya Forstater, ricercatrice che aveva perso il proprio posto di lavoro per un tweet contenente posizioni giudicate discriminatorie nei confronti dei trans. «La Rowling è una pericolosa transfobica che protegge i transfobici, promuove le discriminazioni e condanna i trans all’infelicità», era stato (più o meno) il titolo apparso sui principali media del mondo occidentale. Una notizia rilanciata in questi termini soprattutto sulle versioni online delle testate e su un’infinità di blog, così da parlare direttamente alla pancia dei più giovani, lettori solitamente con meno difese di pensiero critico (non solo per colpa dell’età).
In realtà, la ricercatrice si era limitata a ricordare che la differenza sessuale è anche differenza biologica. In realtà, la scrittrice si era limitata a esprimere solidarietà alla donna licenziata e preoccupazione per una deriva che danneggia la libertà di pensiero e i diritti delle donne. La maggior parte dei media non ha dato notizia di questo, attivando così un serio dibattito pubblico sui pericoli dell’ideologia gender (ricordate il giornalismo “linfa della democrazia”? Ecco, ricordatelo), bensì ha sparato a zero contro la Rowling etichettandola come nemica della comunità Lgbtq.
Da quel momento, qualsiasi occasione è stata buona per attaccarla. Addirittura gli attori della saga hanno preso le distanze pubblicamente dalla Rowling, attori che sono entrati (ed entreranno) nei ricordi di intere generazioni perché hanno reso un po’ più vicino un mondo fantastico. Hanno interpretato una storia capace di lasciare una traccia indelebile in milioni di lettori ma, a quanto pare, in loro la traccia si è sbiadita velocemente. Con le lodevoli eccezioni di Ralph Fiennes (il personaggio che ha interpretato lo ha aiutato a riconoscere il Male) e di Robbie Coltrane (che per questo è stato insultato anche dopo la morte, avvenuta il 14 ottobre 2022).
J. K. Rowling, per anni accusata di satanismo e adesione alla narrazione dominante da una parte (si può dire un po’ variopinta?) del mondo cattolico, si è ritrovata improvvisamente sotto l’attacco della narrazione dominante con l’accusa di bigottismo ed estremismo religioso. Sembra di vivere i tempi narrati proprio dalla Rowling in “Harry Potter e l’Ordine della Fenice”, il quinto capitolo della saga: la verità non ha più diritto di cittadinanza, la libertà di coscienza comporta un prezzo salatissimo, l’informazione è ridotta a portavoce del potere e il potere è a sua volta pura maschera del Male.
Ben venga l’editoriale di Pamela Paul, inaspettata l’ospitalità concessa dal più importante quotidiano del mondo. Ma anni di minacce, insulti e campagne d’odio contro la Rowling non si possono cancellare dicendo beh è passato tutto, non pensiamoci più. L’odio contro la scrittrice non è servito a censurarla, ma ha tacitato con la paura tante coscienze. Questo clima è il biglietto da visita del Male. I lettori di “Harry Potter” lo sanno bene. (Riproduzione riservata)
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