Julian Assange, tra giornalismo e libertà di espressione
FOCUS Il fondatore di WikiLeaks rischia di essere estradato negli Stati Uniti, dove lo aspettano 175 anni di reclusione. I giornali mainstream mutano linea editoriale. In gioco la libertà di stampa?
L’Alta Corte inglese (che nel 2023 emise una sentenza di morte per Indi Gregory) prende tempo su Julian Assange. La sentenza definitiva sul ricorso contro l’estradizione negli Stati Uniti del fondatore di WikiLeaks arriverà nei prossimi giorni, forse nelle prossime settimane. Washington non ha dubbi: Assange ha violato l’Espionage Act (legge federale varata il 15 giugno 1917 per vietare ogni interferenza con reclutamento e operazioni militari), pertanto deve essere estradato negli Stati Uniti e lì scontare una pena pari a 175 anni di carcere. L’attivista australiano è recluso da cinque anni a Belmarsh, carcere britannico dove si trovano alcuni dei più pericolosi criminali del Paese. All’udienza del 20 febbraio 2024 fuori dall’Alta Corte erano presenti centinaia di sostenitori, i pochi giornalisti che hanno potuto accedere sono stati fatti accomodare in uno stanzino privo di supporti tecnici, rendendo loro quasi impossibile documentare ciò che accadeva in aula. In caso di rigetto del ricorso, gli avvocati di Julian Assange avrebbero un’ultima possibilità: appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma Stella Morris ha detto che le autorità inglesi potrebbero caricare il fondatore di WikiLeaks su un aereo diretto verso l’America subito dopo la sentenza, senza attendere il ricorso alla Corte europea. Oltre al destino di un uomo, c’è in gioco il futuro del giornalismo? Per rispondere è necessario fare alcune considerazioni.