Obbligo vaccinale: quanta cura per i “soggetti fragili”
EDITORIALE Nuove restrizioni per le persone che hanno scelto di non vaccinarsi contro il covid. Chi sono i “soggetti fragili”? Quale bene comune dalla violazione della libertà di coscienza?
Sì al super green pass per tutti i lavoratori over 50 a partire dal 15 febbraio, sì al super green pass per tutti i servizi alla persona dal 20 gennaio al 31 marzo. Obiettivo? La tutela dei “soggetti fragili”. La decisione è filtrata ben prima del termine della cabina di regia di oggi, mercoledì 5 gennaio 2022, e le testate giornalistiche si affrettano a contestualizzarla. Bergamo News, ad esempio, scrive: «Sono 1,2 milioni gli italiani in questa fascia d’età ancora senza iniezione e sono quelli che affollano ospedali e terapie intensive, determinando anche il cambio di colore delle regioni». Il Giornale fotografa una situazione in continuo peggioramento: «La curva dei contagi sale, il numero dei decessi non accenna a calare e i tassi di ospedalizzazione continuano a far preoccupare». A ogni giorno basta la sua parola, e la parola oggi ripetuta ossessivamente è “soggetti fragili”.
Non è ben chiaro come questo obbligo verrebbe applicato, come controllato e come, in caso di opposizione, sanzionato. Non è ben chiaro quali sarebbero i soggetti fragili e chi avrebbe autorità e competenza per apporre l’etichetta di “fragile” accanto al nome di una persona piuttosto che di un’altra. Non è ben chiaro come questa decisione potrebbe convivere con gli ultimi dieci anni di parole spese in favore della medicina personalizzata, dunque contraria a qualsiasi generalizzazione, e di diffusione della prevenzione, ovvero della triade alimentazione sana – attività fisica – riduzione dello stress, che dovrebbe portare benefici al sistema immunitario e combattere l’infiammazione senza l’intervento di farmaci. Non è ben chiaro come il fallimento del green pass e del super green pass (stando alle notizie che giungono dagli ospedali e ai dati dei contagi) potrebbe trasformarsi in successo violando la coscienza di una minoranza della popolazione già esclusa da mesi dalla vita sociale.
Le persone non vaccinate oggi non possono neanche prendere i mezzi pubblici, cos’altro si vuole togliere loro? È credibile continuare ad affermare che le persone non vaccinate sono un pericolo per gli altri? È credibile continuare ad affermare che le persone vaccinate hanno fatto un atto d’amore per gli altri? Quale bene comune può venire dall’imposizione di un trattamento sanitario non etico, non efficace (salvo forse protezione personale dai sintomi gravi per una durata di tempo non definita) e forse non sicuro (gravi i possibili effetti avversi a breve e medio termine, sconosciuti quelli a lungo termine)?
L’inedito interesse dello Stato per i “soggetti fragili” però solleva nuovi interrogativi. Intanto, dove sono i soggetti fragili? Gli anziani nelle Rsa sono stati i primi a subire l’isolamento nel 2020, per protezione dal contagio. Ciò non è bastato e i decessi in queste strutture sono stati spesso altissimi. Sono stati sempre loro i primi nel 2021 a ricevere le prime due dosi di vaccino (a parte alcuni insegnanti trentenni in Dad) e sono stati ancora loro a ricevere per primi la terza dose di vaccino, spesso senza alcuna possibilità di obiezione. Nonostante ciò, i decessi degli anziani continuano e i parenti in molte strutture non possono entrare neanche per un breve saluto, neanche se sono a loro volta vaccinati. Ci sono anziani che per mesi non hanno potuto ricevere nemmeno la Comunione, nonostante fossero vaccinati sia loro che il sacerdote che celebrava la Messa nella struttura.
Gli altri soggetti fragili? Le persone con gravi disabilità, attorno alle quali da sempre si stringono le famiglie in uno sforzo eroico di assistenza, presenza, amore; se hanno retto a questi due anni è grazie alla loro forza, al loro attaccamento alla vita e all’impegno quotidiano di mamme, papà, fratelli, sorelle, nonni e parenti tutti. Per le persone con gravi disabilità la zona rossa è eterna o si risolve con attività in recinti dorati, lontano dalla vista delle persone sane e produttive. Non sia mai che uno sguardo distratto, magari durante lo shopping del fine settimana, possa rimanere turbato dall’esistenza della fragilità. Può il giornalismo, a fronte di questa complessità, dare notizia delle nuove restrizioni con la cronaca (e fare il tifo per le nuove restrizioni con la critica), rinunciando alle domande?
Gli ultimi anni sono stati segnati dalle vicende di Terri Schindler, Eluana Englaro, Charlie Gard, Alfie Evans, Vincent Lambert: soggetti fragili portati alla morte dallo Stato in nome della loro fragilità, in nome di una qualità della vita troppo bassa. Vite spente per imposizione governativa, per alleanza fra medici e giudici (e giornalisti), uniti per il favor mortis. Una spinta che si allarga, si estende in modo particolare in Europa, con la proposta di nuove leggi sempre più permissive su eugenetica, aborto ed eutanasia. Può non suonare un campanello di allarme quando, improvvisamente, la mano solidale e dolce di quegli stessi Stati si poggia sulla testa di altri soggetti fragili?
La Storia lo insegna senza sosta, basterebbe ascoltarla: non si può tutelare la salute calpestando gli altri diritti fondamentali dell’uomo. Se al centro delle decisioni politiche non c’è la dignità dell’uomo, se non c’è il riconoscimento della sacralità della vita umana, allora ogni altro diritto è in pericolo. Se la vita è un bene a disposizione del più forte, ogni speranza è vana. E s’illude chi spera di conservare la sicurezza cedendo agli inganni del potere, chi si adegua a un ricatto che promette libertà ma nasconde dietro di sé un ricatto più grande. E una gabbia più piccola. (Riproduzione riservata)
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