Buona festa, Avvenire
IL COMMENTO Il quotidiano della Cei plaude al pronunciamento della Corte costituzionale sull’obbligo vaccinale anti covid. I media cattolici in prima linea nel censurare i problemi etici
«Obbligo salutare». Così titola Avvenire, in edicola oggi. Scrive il quotidiano della Conferenza episcopale italiana: «La Corte costituzionale mette fine alle diatribe. E il nuovo governo rilancia la campagna di inoculazione». Avvenire festeggia e può farlo, perché non si sarebbe mai arrivati fin qui senza l’impegno attivo dei media cattolici nel censurare i problemi etici della campagna “vaccinale” di massa.
Dall’utilizzo di linee cellulari da feti abortiti al “sì” condizionato all’emergenza della Congregazione per la dottrina della fede, dallo scudo penale dei medici vaccinatori all’inoculazione dei farmaci ai bambini in cambio di un gelato, dall’informazione trasformatasi in comunicazione e infine in propaganda alle menzogne istituzionali su efficacia e sicurezza: Avvenire avrebbe potuto affrontare questi temi, avrebbe potuto ricordare il magistero della Chiesa in materia di aborto, sperimentazioni sugli embrioni, cura dei malati e libertà di coscienza.
Avrebbe potuto insomma essere fonte d’acqua nel deserto, immagine molto cara al direttore Marco Tarquinio (spiegata a Pavia nel novembre 2016, in occasione dei 125 anni del settimanale diocesano). Questo sono i giornali: fonte di notizie. E devono esserlo soprattutto quando il clima si fa ostile alle notizie. A cosa servono le grandi testate giornalistiche se accettano di trasformarsi in megafoni del potere? Se applaudono il potente di turno prima ancora che inizi a parlare? A cosa serve la deontologia, a cosa serve la gavetta massacrante, a cosa serve invocare il diritto di cronaca e di critica?
Le menzogne su sicurezza ed efficacia dei farmaci sperimentali anti covid raccontate in prima serata per mesi sui principali canali televisivi italiani resteranno come una macchia indelebile. Ma la censura dei problemi etici da parte delle sentinelle privilegiate di ciò che è vero, buono e giusto supera ogni indignazione.
Il 16 dicembre 2021 il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, rispondendo a un lettore, scrive: «Lei mi chiede, gentile signor Belluco, che cosa ne pensi delle cure per le persone no-vax che rifiutano i vaccini esponendo se stessi e gli altri a più grave rischio di contagio da coronavirus e, di fatto, monopolizzano strutture sanitarie e altre cure anti-Covid impedendo un’assistenza piena e adeguata ai portatori di altre infermità, croniche e no. E io le ripeto ancora una volta che penso che sbaglino gravemente, ma che anche loro debbano essere curati. Tutti, nessuno escluso, qualunque stupidaggine possano aver detto e fatto».
Poche righe dopo aggiunge: «Per questo, nell’attuale emergenza pandemica, sono convinto che dovrebbe diventare regola generale l’obbligo vaccinale che è già stato stabilito per alcune categorie di cittadini». Un appiattimento della questione etica e medica che fa rabbrividire. Una ipersemplificazione che fa tremare i polsi: a questo servono oggi i giornali?
Di fronte a un reale sempre più complesso, sconvolto da pressioni economiche e di potere, i giornali devono rilanciare slogan pescati dal marketing attribuendo loro l’etichetta di notizie verificate? Chissà cosa direbbe il beato Giacomo Alberione se passasse davanti a un’edicola stamattina. Se questa è “la buona stampa”, meglio cambiare marciapiede ed entrare in pasticceria. (Riproduzione riservata)
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