Papa Francesco e il buon responsabile dell’ufficio stampa
L’intervista rilasciata dal pontefice alla Associated Press continua a far discutere, i giornali sono accusati di aver manipolato le parole di Bergoglio. Ma come lavorano i giornalisti del Vaticano?
Per essere un buon responsabile dell’ufficio stampa di un’istituzione, un’azienda o un’associazione devi essere un buon giornalista professionista (esiste anche l’alternativa giornalista pubblicista, ma ne parleremo in un’altra occasione), ovvero un giornalista che esercita la professione da lungo tempo e in maniera esclusiva. Per essere giornalista professionista devi aver superato l’esame di stato e aver sostenuto una lunga gavetta nella redazione di un giornale (esiste anche l’alternativa scuola di giornalismo, ma ne parleremo in un’altra occasione). Per sostenere la gavetta (che spesso consiste nel lavorare 7su7 h12 per una testata) e il praticantato devi imparare cos’è una notizia e cosa non lo è. Devi studiare (tanto e sempre, anche dopo l’esame di stato) la deontologia e la storia del giornalismo, ma devi anche e soprattutto vivere la redazione. Il giornalismo si impara a bottega, correndo tra le scrivanie dei colleghi più grandi con le urla del caporedattore che ti inseguono anche sulle scale.
Per essere un buon responsabile di un ufficio stampa, ovvero per curare le relazioni con la stampa (e dunque con l’opinione pubblica) della realtà per la quale lavori, devi sapere come verrà recepita dai giornali la notizia che farai uscire dal tuo ufficio. Devi sapere come il comunicato stampa della tua istituzione/azienda/associazione sarà letto in redazione, devi sapere quale parte sarà scelta come la più notiziabile, devi sapere o quantomeno essere in grado di prevedere quale titolo uscirà il giorno successivo. E questo è possibile solo se prima sei stato in una redazione, hai ricevuto i comunicati stampa, li hai verificati, valutati e hai deciso come pubblicarli.
Lo stesso, ovviamente, vale per le interviste: il responsabile dell’ufficio stampa filtra tutte le interviste che escono dall’istituzione/azienda/associazione per la quale lavora. Controlla persino le fotografie che vengono mandate ai suoi colleghi che lavorano nelle testate. Il giornalista che fa ufficio stampa si muove così tra deontologia (prima del proprio datore di lavoro viene comunque l’obbligo di diffondere la verità), rispetto e collaborazione con i colleghi che lavorano dall’altra parte della barricata e impegno per comunicare al meglio gli aspetti positivi della realtà per la quale svolge il proprio incarico.
Questa elefantiaca premessa era doverosa per proporre un’analisi del caos mediatico che avvolge l’ultima intervista di papa Francesco, rilasciata all’agenzia Associated Press. Tante le accuse (fondate) sul “taglia e cuci” ideologico fatto dalle principali testate giornalistiche, ormai abituate all’ipersemplificazione di parte. Più che i contenuti però, che meriterebbero una trattazione a parte (il fatto che il Papa dica che l’omosessualità non è un crimine, ad esempio, è una non notizia), occorre oggi osservare il metodo. Il Papa ha un’intera squadra di giornalisti che curano la comunicazione e le relazioni con la stampa. Ed è formata, o almeno dovrebbe esserlo, da giornalisti specializzati in notizie di Chiesa. Giornalisti cioè in grado di muoversi agevolmente tra notizie, attualità, dottrina, encicliche, fede, simboli, riti e via discorrendo. Giornalisti dunque in grado di capire subito quale frase dell’intervista papale sarà scelta come titolo dai colleghi che lavorano nelle redazioni.
Se decine di giornali nel mondo danno una specifica notizia, significa che o all’istituzione/azienda/associazione va bene così o l’ufficio stampa non ha fatto bene il proprio lavoro. Se l’ufficio stampa ha sbagliato, allora dovrà prontamente rettificare e impegnarsi affinché questo non accada più in futuro. Se, al netto della malafede di alcune testate giornalistiche, il caos mediatico si ripete per anni, allora dare la colpa ai giornalisti cattivi delle testate giornalistiche cattive non basta più. (Riproduzione riservata)
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