Roberto Saviano e la libertà di stampa
L’ANALISI Al via il processo contro lo scrittore, accusato di diffamazione ai danni di Giorgia Meloni. Articolo 21: «Cartina di tornasole sulla libertà d’informazione». Ma l’insulto non è giornalismo
Si è aperto oggi, a Roma, il processo che vede Roberto Saviano accusato di diffamazione a mezzo stampa ai danni di Giorgia Meloni. Lo scrittore, ospite a La7 nella puntata del 7 dicembre 2020 di Piazzapulita, aveva definito la leader di Fratelli d’Italia «bastarda». Giorgia Meloni aveva querelato Roberto Saviano e, il 5 novembre 2021, il gup di Roma aveva disposto il rinvio a giudizio per l’autore. Articolo 21, associazione che si propone di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero, il 13 novembre 2022 ha preso posizione in merito al processo scrivendo: «Quello che inizia il prossimo 15 novembre non è il “solito” processo a un giornalista per diffamazione a mezzo stampa e purtroppo ce ne sono tantissimi e oltre il 90% finiscono con assoluzione o, ancor prima, con archiviazione. No, per una serie di ragioni è un processo diverso perché l’imputato è uno dei più importanti giornalisti italiani, Roberto Saviano, e la presunta parte offesa (oggi, non al momento della denuncia) è il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni». Due precisazioni sono d’obbligo.
Roberto Saviano, scrittore, è diventato nel tempo anche editorialista per alcune importanti testate giornalistiche, come il Corriere della Sera. Non è giornalista, non risulta iscritto all’albo dei giornalisti né come pubblicista né come professionista. Giorgia Meloni è oggi Presidente del Consiglio, ma quando fu definita «bastarda» da Roberto Saviano in diretta televisiva era la leader di un partito, d’opposizione per di più, ovvero Fratelli d’Italia.
L’insistenza nel definire Roberto Saviano “giornalista” fa pensare che in un futuro neanche troppo lontano allo scrittore sarà consegnato il tesserino honoris causa, così è doveroso metterlo in guardia: con il tesserino in mano, non si diventa liberi di dire tutto ciò che si pensa. Il giornalista, così impone la deontologia, si esprime mediante la cronaca e la critica. La cronaca è il resoconto puntuale e oggettivo di un fatto, la critica è la sua analisi. Un’analisi che può essere mossa anche dai valori del giornalista stesso (la coscienza e lo spirito critico rendono il professionista dell’informazione sempre migliore di qualsiasi programma di intelligenza artificiale), ma che non è pura opinione.
La critica giornalistica su Giorgia Meloni non è quello che il giornalista pensa di Giorgia Meloni, bensì un approfondimento delle notizie verificate riguardanti Giorgia Meloni che possono dimostrare la tesi iniziale. Una struttura simile (ma non uguale) a quella del saggio breve, indimenticabile creatore d’ansia in vista della prima prova scritta della maturità. La forza di un articolo di critica non è l’opinione del giornalista, non è la grandezza della sua firma o il numero dei suoi follower social, la forza di una critica giornalistica sono le argomentazioni che il giornalista usa per analizzare un fatto. L’insulto non è un’argomentazione. L’insulto non è giornalismo. Non esiste, nella deontologia giornalistica, il diritto insopprimibile all’offesa del prossimo.
Riguardo le querele pretestuose, che nel 90% dei casi vengono archiviate o vinte dai giornalisti ma provocano anni di processi e spese legali e paure ai cronisti coinvolti, sono tali quando utilizzano l’arma legislativa per censurare notizie. «Giorgia Meloni è una bastarda» non è una notizia. «Roberto Saviano pensa che Giorgia Meloni sia una bastarda» potrebbe essere una notizia, anche se ci sarebbe molto da discutere sulla rilevanza pubblica di questa informazione. Articolo 21 spiega infine che: «Saviano in una intervista a La Stampa ha detto che non si pente di quel termine e ha anche rivendicato il diritto all’indignazione». Delegittimare l’indignazione, confondendola con l’insulto libero, è l’ennesima goccia di veleno fatta cadere sul già defunto dibattito pubblico italiano. (Riproduzione riservata)
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Mah, che dire, Saviano è entrato prepotentemente nella stampa italiana e penso poi anche estera. I suoi toni arroganti non mi son mai piaciuti, speriamo che stavolta qualcuno lo fermi.