“Se fossimo in una dittatura, tu…”
IL COMMENTO Oggi l’Italia è sommersa da un’onda nera che soffoca ogni diritto. Nel 2021, con milioni di persone costrette a scegliere fra un farmaco sperimentale e la libertà, tutto andava bene
«Se fossimo in una dittatura voi non potreste dire che siamo in una dittatura». Così, nel 2021, dicevano gli intellettuali ai cittadini che criticavano l’introduzione del green pass. Milioni di persone si trovarono di colpo costrette a scegliere tra farsi inoculare un numero imprecisato di dosi dei farmaci sperimentali anti covid oppure sottoporsi a un tampone ogni 48 ore per poter andare al lavoro, in banca, in posta, in uno studio medico, in libreria, al cinema, per poter utilizzare i mezzi pubblici, e l’elenco potrebbe continuare quasi all’infinito. Nel 2021 a milioni di italiani fu detto: o vi “vaccinate”, oppure ogni vostro diritto fondamentale sarà sospeso. “Vaccinarsi” è un atto d’amore talmente grande, che se non lo farete sarete esclusi dalla vita sociale e lavorativa. Ma soprattutto sarete delegittimati in prima serata e in prima pagina. Di fronte a un’operazione tanto assurda (ma “assurda” non è l’aggettivo giusto) e violenta, l’intellighenzia italiana che conta sfoderò tutta la propria cultura e disse: sì, bastonate il popolo e costringetelo ad amare l’atto d’amore.
Il 3 gennaio 2021, per esempio, Antonio Scurati sul Corriere della Sera invocava più “vaccini”. Il 18 luglio 2022, sempre dalle pagine del Corsera, lo scrittore dedicava accorate parole al premier Mario Draghi: «Ora lei, pur dovendo fronteggiare una pandemia, una guerra, una crisi economica con pochi precedenti e una ambientale senza uguali, è spinto alle dimissioni da un accanito torneo di aspirazioni miserabili, da sudicie congiure di palazzo, da calcoli meschini, irresponsabili e spregiudicati di uomini che, presi singolarmente, non valgono un’unghia della sua mano sinistra».
Al tempo, chi osava alzare la manina e dire «ma, veramente qualcosa non torna in questo spiaggiamento totalizzante» subiva l’ira della politica, della stampa e di una buona fetta di persone che senza conformismo non saprebbero neanche quali scarpe indossare la mattina. Quegli stessi intellettuali oggi dicono ai cittadini che in Italia c’è una dittatura. Oggi. E lo dicono in prima serata, in prima pagina, in radio, in piazza (beh, senza esagerare perché il fine settimana è sacro), a scuola, a teatro, nei comizi elettorali, ai concerti. Non esiste giornale che non critichi il Governo, accusandolo di fascismo. Non esiste talk show che non parli del pericolo di un Paese con troppo poco antifascismo. Non esiste vip che non posti quotidianamente qualche frase sui diritti minacciati.
Una macchina della propaganda pacchiana, esagerata, kitsch. Talmente slegata dalla realtà da essere comica, eppure talmente assurda da cementarsi da sola. Da risultare credibile a molti. Certo, non è quella credibilità basata su raziocinio, comprensione e fiducia, bensì una sorta di innamoramento tossico. Sai che quella persona non è giusta per te, sai che non potrete costruire nulla insieme, sai che ti farà solo del male, eppure ci rimani insieme perché sei convinto che nulla abbia più senso al di fuori di quella storia. Non è amore, è una fregatura truccata da sentimento, ma chi ha il coraggio di dare una passata di acqua micellare?
Oggi bisogna urlare che l’Italia è una dittatura con a capo Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Una dittatura così pericolosa che a breve sarà gridata anche sulle etichette di frutta e verdura. I cittadini che nel 2021 hanno perso il lavoro perché privi di green pass, quelli che sono stati cacciati dai mezzi pubblici, quelli che hanno ceduto e se ne sono pentiti, quelli che ora soffrono a causa di effetti avversi dei farmaci: tutti vengono pian piano dimenticati. Cancellati. E non serve sobbalzare sul divano di fronte all’ennesima menzogna cantata dalla televisione, è controproducente chiedere spiegazioni. Non ci sarà da stupirsi se una sera Dolores Umbridge in persona condurrà l’edizione delle 20 del telegiornale. Inquietudine? Sì. Ma, dato il contesto, un poco d’ansia è salutare. (Riproduzione riservata)
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