Sport: “Reintrodurre il test sul sesso”
Un tampone salivare per verificare se i cromosomi dell’atleta sono XX o XY: lo chiede Reem Alsalem, che si occupa di violenza contro le donne per le Nazioni Unite. Radfem Italia approva
Bullismo o impegno in difesa delle donne? Il caso di Imane Khelif e Lin Yu-Ting, presentati dalla stampa prima come “atlete transessuali”, poi come “atlete intersessuali”, poi come “atlete iperandrogine” e infine come “atlete”, pone al centro del dibattito il problema della sicurezza delle donne. Le atlete infatti devono avere a disposizione spazi, come spogliatoi e dormitori, dove solo le donne possono accedere, e devono essere certe di gareggiare solo con atlete donne, per una questione di equità e d’incolumità. Temi che, soprattutto in Italia, la politicizzazione del dibattito pubblico sta facendo perdere di vista. Radfem Italia, gruppo femminista radicale ispirato al pensiero di Carla Lonzi, sostiene la proposta di Reem Alsalem di reinserire il test sul sesso «per verificare se i cromosomi sono XX o XY e per garantire sicurezza ed equità alle atlete». Reem Alsalem, special rapporteur delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne e le ragazze, ha intenzione di proporre la reintroduzione di sex test a protezione delle atlete.
Così si legge su FeministPost: «L’International Olympic Committee ha introdotto “certificati di femminilità” durante le Olimpiadi in Mexico del 1968. Ma quei test sui cromosomi, ritenuti non etici, vennero aboliti alle Olimpiadi di Sidney del 2000. Mark Adams, portavoce del Cio, ha affermato che tornare a quei test “sarebbe una cattiva idea”. Il test, che consisterebbe in un semplice tampone all’interno della guancia, sarebbe invece un’ottima idea a protezione delle atlete e della lealtà della competizione».
Da FeministPost, sito d’informazione fondato da Radfem Italia, si punta il dito sulla disinformazione fatta in questi giorni attorno a Imane Khelif e Lin Yu-Ting: «A partire dalla confusione tra transessualità e disturbi della differenziazione sessuale (sarebbe questo il caso di Khelif), confondendo l’identità di genere, situazione del tutto psicologica, con disturbi genetici che non hanno nulla di psicologico ma segnano la realtà dei corpi, parlando di “tracce di cromosomi XY” ed esibendo documenti che non possono in alcun modo chiarire l’effettiva sessuazione di un soggetto».
Il gruppo femminista ricorda anche che: «Il 25 marzo 2023, il presidente dell’Iba Umar Kremlev ha affermato che i pugili squalificati ai campionati avevano cromosomi XY. Lo ha detto in una dichiarazione a TASS News. Ci sono stati solo due pugili squalificati ai campionati: Lin e Khelif. Nelle ultime 72 ore, l’Iba ha rilasciato due dichiarazioni separate confermando che Khelif e Lin non erano stati sottoposti al test del testosterone, ma erano stati invece sottoposti a un test separato convalidato da due laboratori indipendenti. Quel test ha confermato che non erano idonei a competere nella boxe femminile secondo le linee guida Iba. Fondamentalmente, l’Iba definisce come donna “un individuo con cromosomi XX”. Nelle linee guida si indica anche che i test di genere utilizzati per determinare se una persona è idonea a competere con le donne sono test cromosomici, non test ormonali. In una seconda dichiarazione l’Iba ha condannato il Cio per aver consentito a Khelif e Lin di combattere poiché ciò poteva mettere a rischio le pugili, e ha affermato di non voler sostenere il “pugilato tra i sessi”».
Il Comitato olimpico internazionale ha preso posizione sui test, affermando: «Nessun test del Dna per il genere sessuale, è una questione di diritti umani. Non vogliamo tornare ai giorni in cui si facevano i test sui genitali».
Aperta parentesi: fermo restando che già solo a sentire “imposizione”, “test obbligatorio” e simili, gli allarmi della libertà di coscienza iniziano a suonare, sorprende come questa preoccupazione non ci sia stata quando a milioni di persone è stato imposto un test salivare per poter andare al lavoro, per poter essere curati, per poter entrare in posta, in banca, al museo, al cinema e a teatro. Per alcuni mesi non è stato possibile accedere a luoghi e servizi fondamentali neanche con un test salivare negativo, serviva infatti il super green pass. Chiusa parentesi.
Quanto è fragile, inoltre, la credibilità del Cio, che da settimane diffonde informazioni puntualmente smentite dai fatti? L’Ultima Cena non era l’Ultima Cena, gli alloggi per gli atleti sono dotati di tutti i comfort, la mensa del villaggio olimpico è adeguata, la Senna non è inquinata, e via discorrendo. Perché questa insistenza del Comitato nel tacitare chi vuole fare chiarezza sul caso di Imane Khelif e su quello di Lin Yu-Ting?
Riguardo i test sul sesso, Radfem Italia non ha dubbi: «La strada non può che essere questa: nello sport conta la realtà dei corpi, non i documenti, le sentenze né tantomeno le ideologie». (Riproduzione riservata)