L'intelligenza artificiale in redazione
Siglato un accordo segreto tra Gedi e Open AI, preoccupazione per i giornalisti: saranno sostituiti? La crisi indebolisce la stampa, ma la soluzione c'è: tornare a fare giornalismo e cercare la verità
È stato siglato un accordo tra Gedi e Open AI. I Comitati di redazione del Gruppo hanno chiesto di conoscerne i dettagli, ma è stato risposto loro che vige la riservatezza aziendale. Cresce la preoccupazione tra i giornalisti: l'intelligenza artificiale sarà utilizzata per scrivere articoli e fare titoli al posto dei professionisti umani? A far trapelare la notizia è stato il sito d'informazione Professione Reporter il 5 novembre 2024. Il gruppo editoriale proprietario di la Repubblica, La Stampa e alcune testate locali (ex Finegil – L'Espresso) già oggi dà la possibilità a Open AI di utilizzare notizie, analisi, foto e grafici, materiale giornalistico, ma secondo le poche informazioni filtrate sembra che l'azienda ceda questi contenuti gratuitamente. Tempo fa il gruppo aveva proposto ai giornalisti un corso di aggiornamento dedicato all'intelligenza artificiale in redazione, un corso pensato per abituarsi a interagire con un software in grado di fare titoli, riassunti e traduzioni agli articoli. Il corso era stato bloccato dai Cdr, che avevano lanciato l'allarme chiedendo garanzie sull'occupazione.
L'intelligenza artificiale solleva diversi problemi: da un lato fa temere per i posti di lavoro, per il futuro stesso della figura del giornalista, dall'altro accentua il problema delle bufale e delle notizie manipolate. La risposta a questa grave crisi del giornalismo è una sola: deontologia. Più volte su Notturno abbiamo affrontato il tema e questa riflessione non vuole essere una sottovalutazione della malattia. Il cartaceo soffre sia sul fronte delle vendite in edicola sia sul fronte degli investimenti pubblicitari, il digitale non cresce abbastanza, l'uso smodato dei dispositivi tecnologici frammenta l'attenzione dei lettori, la politica comunica direttamente con gli elettori attraverso i social, e via dicendo.
Il giornalismo sta male, ma la cura non è correre dietro all'intelligenza artificiale. Così come la cura per le copie invendute non può essere una caccia sfrenata all'ultimo clic. Così come la ricerca di nuovi lettori non può passare dalla pubblicazione di video di gattini o di gossip sui siti delle più importanti testate giornalistiche. Il giornalista non diventa competitivo se impara a usare l'intelligenza artificiale per scrivere articoli, il giornalista è una risorsa quando fa il giornalista. Quando riconosce la notizia dall'informazione, l'informazione verificata dall'informazione verificabile, l'informazione verificabile dall'informazione incompleta o manipolata, l'informazione dal comunicato stampa, il comunicato stampa dalla storia, la storia dalla testimonianza.
La professionalità del giornalista affronta oggi una sfida inedita dal punto di vista contrattuale, è vero, ma è più che mai fondamentale per fare luce in una notte nella quale solo la voce del padrone sembra risuonare. Il giornalista è chiamato a mettersi tra il cittadino e il potere per filtrare il muro di suono della comunicazione ufficiale fino a estrarne le notizie. La ricerca della verità, la deontologia, quelle competenze che si acquisiscono solo vivendo la gavetta in redazione, correndo per la città a caccia di notizie, incontrando le fonti e verificando ogni segnalazione: al giornalista il lettore chiede verità. I giornali torneranno a vendere (cartaceo o digitale che sia) se ricominceranno a dare notizie. E per dare le notizie servono giornalisti, non software. (Riproduzione riservata)
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