Da atto d'amore a sopruso, il passo è breve
L'accusa: «Chi non si “vaccina” contro il covid compie un'azione eticamente sbagliata e danneggia gli altri». Ma l'atto è altruistico se buono e se rispettoso dei diritti fondamentali della persona
Esercitare l'obiezione di coscienza di fronte a un farmaco sperimentale che presenta gravi problemi etici e medici (peraltro senza offrire dati certi né sulla sicurezza né sull'efficacia) non significa creare un nuovo problema etico, bensì tutelare i propri (e altrui) diritti fondamentali. Scontato? No. Il 1° febbraio 2025 il profilo Twitter “Biologi per la scienza”, rispondendo a un commento sulla scarsità di dati riguardanti l'efficacia dei farmaci sperimentali anti covid, ha scritto: «È sempre carino quando vengono tirati fuori i problemi etici del vaccino ma casualmente mai quelli del non vaccinarsi».
L'allusione è alla retorica della “vaccinazione” (per brevità useremo questo termine anche per i farmaci sperimentali anti covid) come «atto d'amore per gli altri», ma questa narrazione, pur essendo stata dominante per tutto il 2021, non regge né sul piano democratico né in ottica cristiana. L'articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani (conosciuta anche come Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo) recita: «Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona». L'articolo 18 sancisce: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione». E l'articolo 19 aggiunge: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti». L'articolo 30 ricorda infine: «Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati».
I diritti fondamentali della persona, diritti dei quali gode per legge naturale, sono le fondamenta della convivenza civile. Se i diritti fondamentali di una persona, o di un gruppo di persone, vengono calpestati il patto sociale si rompe. E rimane spezzato anche se la narrazione dominante finge che nulla sia accaduto. Primo compito di uno Stato democratico è garantire che i diritti fondamentali dei propri cittadini vengano rispettati. Presentare all'opinione pubblica un fantomatico e nebbioso “bene collettivo”, che sarebbe conseguibile dallo Stato solo attraverso la cancellazione dei diritti fondamentali di alcune persone, è strategia tutt'altro che inedita, ma appartiene ai sanguinosi e soffocanti regimi del passato.
Curioso poi che la narrazione dell'«atto d'amore per gli altri», concetto che trova pienezza di senso con il cristianesimo, sia diventata slogan irrinunciabile di chi vuole cancellare qualsiasi traccia delle radici cristiane nella società. In ottica cristiana si può parlare di “bene collettivo”, certo, ma le condizioni sono chiare: tutti gli uomini sono fratelli, figli dello stesso Padre, dunque tutti possono cooperare per costruire la civiltà dell'amore seguendo la legge di Dio. Non la legge di uno Stato, non le decisioni di un Governo, non le indicazioni di un partito, ma la legge immutabile di Dio.
Il primo compito di un cristiano rimane però conquistare la salvezza della propria anima, non fare solidarietà in giro per il mondo. Impegnandosi per salvare la propria anima il cristiano darà anche un contributo di bene nel mondo, perché per ottenere la salvezza eterna è chiamato ad aderire a un progetto di Bene.
Per rimanere sul tema evocato dal profilo “Biologi per la scienza” (che fortunatamente ha pescato dal cristianesimo il tema dell'atto d'amore e non quello del martirio), occorre ricordare che per definire la scelta del singolo «un atto d'amore» devono valere alcune caratteristiche: l'atto deve nascere da un'intenzione buona, l'atto deve essere buono, l'atto deve essere libero. E qui sorgono infiniti problemi etici, (ri)citiamo solo quelli derivanti dall'utilizzo di linee cellulari da feti abortiti per sperimentazione e produzione dei farmaci anti covid a mrna. Questa pratica, eticamente malvagia, crea forti problemi di coscienza e apre a nuove domande: dato che si parla di bene comune, quale concezione del bene comune ha chi accetta e promuove l'utilizzo di linee cellulari da feti abortiti? Quale preoccupazione per i possibili effetti avversi?
A chi obietta che si tratta di aborti avvenuti tanti anni fa urge ricordare che il male morale non cade in prescrizione e che l'insistenza per la normalizzazione di questa pratica ha scopi meramente economici e di potere. Gli scandali emersi tra Planned Parenthood e le case farmaceutiche mostrano un mercato sommerso dei tessuti fetali che giustifica l'insistente comunicazione manipolatoria. A chi obietta che esisterebbe una sola linea cellulare prelevata da un bambino donato morto alla scienza (sic!), linea immortalizzata e utilizzata come esclusiva dagli anni '60 a oggi, urge ricordare che i provini per diventare i nuovi Peter Jackson sono in fondo al corridoio a destra.
Atto buono, dunque privo di così gravi problemi etici, ma anche sicuro ed efficace. Una persona rallenta prima dell'attraversamento pedonale perché un pedone sta per attraversare e non vuole ferirlo. L'automobilista è il soggetto forte in quel momento, pertanto compie un'azione a tutela del diritto alla vita del pedone che è il soggetto debole: l'azione tutela il diritto fondamentale alla vita del pedone, ma non lede i diritti fondamentali di chi è al volante. L'azione dunque è sicura ed è anche efficace. Per proteggere i pedoni non si possono mettere cecchini agli attraversamenti pedonali che abbattano gli automobilisti in arrivo, né si possono incarcerare preventivamente gli automobilisti che transiteranno su quella via.
È capitato in passato che alcune persone siano state costrette a subire azioni né libere né sicure ma presentate come doverose per proteggere gli altri? Sì. Durante i regimi, per esempio, censurare gli intellettuali dissidenti è un atto d'amore per prevenire turbamenti nell'opinione pubblica. Durante i regimi è un atto d'amore eliminare le vite giudicate non degne di essere vissute, oppure utilizzarle come cavie per esperimenti. Durante i regimi è un atto d'amore togliere lavoro e libertà personali a chi non brucia l'incenso in onore dell'antico o moderno imperatore.
I riflettori devono rimanere puntati sui diritti fondamentali della persona, spazzando via le nebbie delle ideologie e della propaganda. Da atto d'amore a sopruso? Basta un attimo di distrazione. (Riproduzione riservata)
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