Solidarietà a Martina Pastorelli
«Prega perché dio ti tolga la parola». La giornalista è colpevole di aver fatto cronaca e critica con rigore deontologico nelle fasi più dure dell'emergenza covid: si chiama giornalismo, e dà fastidio
«Prega perché dio ti tolga la parola». Lunedì 25 novembre 2024, alle ore 21.39, Roberto Burioni ha commentato un tweet di Martina Pastorelli con queste parole: «Sei cattolica prega perché dio ti tolga la parola ma ti restituisca il senno». Il docente di microbiologia e virologia all'università Vita-Salute San Raffaele si è scagliato contro la giornalista, colpevole di aver criticato la trasmissione televisiva Che tempo che fa. «Dove Fauci diventa “il più importante immunologo del mondo” che ha (ben) gestito la crisi del Covid. Parafrasando Cuzzocrea (“possiamo sentirci tranquilli in un mondo dove Fauci deve avere paura?”): possiamo sentirci tranquilli in un mondo dove i giornalisti dicono queste cose?», queste le parole costate a Martina Pastorelli l’inquietante messaggio.
Ma la giornalista non subisce questo attacco per la critica al salottino di Fabio Fazio, la colpa è ben più grave: aver fatto cronaca e critica indipendente durante l'emergenza covid. Aver continuato a fare interviste a esperti, in particolare a quelli non presenti sulla lista fissa degli invitati del circuito mainstream, aver diffuso notizie casualmente ignorate dai giornali e dalle televisioni, aver promosso convegni e dibattiti, aver realizzato un documentario con tutti i conti che non tornavano e non tornano nella gestione della pandemia, aver parlato dei problemi etici e medici dei farmaci sperimentali anti covid: Martina Pastorelli è colpevole di aver fatto giornalismo. Si è macchiata di una colpa gravissima, ben indicata nelle carte deontologiche: «Il giornalista difende il diritto all’informazione e la libertà di opinione di ogni persona; per questo ricerca, raccoglie, elabora e diffonde con la maggiore accuratezza possibile ogni dato o notizia di pubblico interesse secondo la verità sostanziale dei fatti; rispetta i diritti fondamentali delle persone e osserva le norme di legge poste a loro salvaguardia». Martina Pastorelli lo ha fatto sempre, per questo oggi subisce un attacco tanto violento: «Prega perché dio ti tolga la parola».
Un uomo contro una donna, un docente universitario contro una giornalista indipendente, e tutto questo proprio il 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Il giornalismo ha sempre dato fastidio al potere, per questo non si contano nella storia i tentativi di manipolazione delle informazioni e della stampa. Se il giornalista non si lascia blandire, allora subisce l'intimidazione. «Prega perché dio ti tolga la parola».
Ci sarebbe moltissimo da dire sulla fede, sul rispetto, sull'educazione, ma qui su Notturno puntiamo i flash sulla libertà di stampa. Martina Pastorelli fa giornalismo per i lettori, per i cittadini, chiedere che taccia significa chiedere che i lettori, i cittadini, non ricevano tutte le informazioni. Se i cittadini non sanno, allora non possono scegliere liberamente. Allora hanno bisogno dei santoni che li guidino. L'opinione pubblica senza una stampa libera è una giungla, dove solo la voce del predatore più forte può risuonare. Solidarietà a Martina Pastorelli, le nostre voci sono con la tua. (Riproduzione riservata)
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