Spaventare per comandare
L’analisi di Giovanna Tatò per Senza Bavaglio: «Con la paura di un virus “mortale” il potere si è appropriato del grimaldello che ha fatto saltare tutti i limiti che si contrapponevano alla sua forza»
Qual è l’arma più potente di Sauron, Oscuro Signore di Mordor, presenza malvagia e apparentemente inarrestabile nell’universo creato da J. R. R. Tolkien? Qual è l’arma più potente di Lord Voldemort, Signore Oscuro, mago più forte e crudele della storia nell’universo creato da J. K. Rowling? La paura. Prima degli incantesimi, prima degli eserciti, prima delle inespugnabili fortezze c’è il terrore che questi due antagonisti sapientemente incutono nel mondo. È il terrore che blocca la gente, che impedisce la reazione.
Il Male cresce nell’ombra, qualcuno ne coglie il fruscio e lancia l’allarme, ma la paura paralizza la resistenza. Va da sé che anche il potere inquinato dal Male sfrutta la paura come strumento di controllo della popolazione, perché così non ha bisogno di utilizzare la forza bruta per imporre la propria ideologia: i cittadini obbediranno da soli, nella speranza che il potere li protegga dai pericoli che esso stesso ha creato. Nella dimensione orizzontale dell’esistenza le paure del dolore, della morte, della solitudine e dell’emarginazione sociale sono tutto. E che peso può avere la stampa mainstream nel veicolare messaggi di paura che accentrano il potere nelle mani di pochi?
Risponde Giovanna Tatò, giornalista, che firma un lungo editoriale su Senza Bavaglio: «La paura del dolore, la paura della morte (costantemente esorcizzata in Occidente) e la paura che incute il potere stesso in sé sono certamente le principali paure che possono catturarci, potenti perché possono annullare volontà, dignità e forza dell’essere umano che di fronte ad esse può sentirsi disarmato e venirne tratto facilmente in balia, totipotenti perché da esse germinano tutte le altre».
Dolore, morte, solitudine, emarginazione: «La fragilità del corpo umano, della psiche umana, spesso delle condizioni di vita, sono le basi più a portata di mano per scatenare paura e panico, per portare a chiudersi in sé stessi, a subire qualsiasi imposizione magari per amore dei propri cari. Il vantaggio? Smorzare qualsiasi volontà ed esercizio di pensiero individuale non conforme al dettato stabilito dalle “regole” e farne uscire rafforzato l’esercizio del potere».
Questo è accaduto anche durante la pandemia, spiega senza giri di parole Giovanna Tatò: «La recentissima pandemia da virus SARS-CoV-2 ha fornito una piattaforma esemplare di strumentalizzazione della paura: paura della malattia e del dolore, paura dell’altro (a cominciare dai vicini), paura di fare del male a chi si ama, paura di essere inadeguati di fronte al nemico sconosciuto con conseguente affidamento a chi si presenta come adeguato, paura di trasgredire la coercizione in nome di una rivendicazione alla libertà di espressione che si teme venga punita, paura di morire».
Con l’imposizione di quello che potremmo definire “pensiero unico”: «Chi trasgrediva veniva tacciato come “untore” perché metteva “in pericolo” gli altri: socialmente, nessuna considerazione sull’opportunità di un comportamento diverso da quello stabilito dal dictat veniva ritenuta efficace. La paura chiudeva occhi e orecchie, toglieva la parola».
Più volte, sulle pagine di questa newsletter, abbiamo analizzato il passaggio 2020/2021: dall’essere tutti uniti contro un virus sconosciuto e temibile, all’essere tutti uniti contro chi non aderiva alla narrazione governativa. Il nemico non era più il virus, ma chi metteva in dubbio le decisioni governative per combattere il virus. Scrive ancora Giovanna Tatò: «Con la paura di un virus “mortale” (che invece era possibile padroneggiare, almeno in larga parte, intervenendo tempestivamente con adeguate linee guida scientifiche, protocolli e procedure volutamente messi sotto silenzio come stanno dimostrando gli studi che ora fanno capolino o con il riascolto delle voci rimaste allora isolate) il potere si è appropriato del grimaldello che ha fatto saltare tutti i limiti che si contrapponevano alla sua forza, cioè i diritti costituzionali e le libertà entrate nella vita di tutti i giorni, costate sangue e tanto altro per ottenerle».
Quale parola è più utile di “emergenza” per giustificare ogni violazione dei diritti fondamentali? «L’alibi dell’emergenza ha consentito “legalmente” l’uso della costrizione e l’imposizione di obblighi generalizzati caratterizzanti una lesione dei diritti costituzionali. I diritti dell’uomo stabiliti dalla nostra Carta e da altre Carte Internazionali sono stati fatti a pezzi, la “protezione” dello Stato, delle Istituzioni, dell’Autorità, ha fagocitato il midollo osseo di chi si è trovato in mezzo senza poter reagire, pena costi umani altissimi e per la maggior parte inaffrontabili».
Nonostante la cappa informativa, comunicativa e di propaganda, esistono voci dissonanti. Esiste, per tornare alla metafora iniziale, la Compagnia dell’Anello, esiste l’Ordine della Fenice, esiste l’Esercito di Silente. Nonostante una univoca narrazione dominante, conclude Giovanna Tatò, «In più occasioni si fanno sentire voci dissonanti. Vengono attaccate e isolate ma sono il germe della soluzione. La vera soluzione: pensare con la propria testa, farsi una cultura ed approfondirla, non cedere al ricatto e agire di conseguenza. È quanto di più temuto possa esservi per chi comanda». (Riproduzione riservata)
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Tutto vero, rispecchia perfettamente ciò che è successo in questi ultimi 3 anni e continua ancora in quelle istituzioni che stanno ancora sotto la cappa di questa menzogna. Ancora sono d'obbligo le mascherine e i disinfettanti negli ospedali, nelle RSA, nelle chiese! M'impressionò Monsignor D'Ercole, esiliato poi in Marocco, quando tuonava che il Signore Gesù non infetta nessuno! E molti altri uomini di chiesa coraggiosi nel difendere la verità, quello che siamo chiamati a fare pure noi.